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Mittente |
Cebà Ansaldo |
Destinatario |
Olgiati Antonio |
Data |
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Tipo data |
assente |
Luogo di partenza |
Genova |
Luogo di arrivo |
[Milano] |
Incipit |
Della chiarezza delle mie Canzoni |
Contenuto e note |
Risponde a Monsignor Olgiati [segretario del cardinal Federico Borromeo] circa i rilievi di un "amico commune", che ha visto nelle sue canzoni un eccesso di chiarezza: dichiara che, a suo avviso, la poesia deve il più possibile "essere accomodata alla capacità popolare", e che il poeta non deve scrivere come se fosse un autore di enigmi, come ha dimostrato, nel campo della poesia lirica, Giovanni Della Casa, che ha rifuggito gli eccessi di oscurità, al contrario di Pindaro; una certa oscurità può essere ammessa, se legata all'"ornamento del parlar figurato", ma va evitata (nella poesia epica come in quella lirica) in quelle parti che devono "stimolar le passioni", scopo cui si addice di più la "semplicità del parlare". Ringrazia il cardinal Borromeo per aver letto le sue poesie, sperando di ricevere da lui un parere sia su di esse sia su tre sonetti a lui dedicati e allegati alla missiva ('Ov'è di Piero il venerando essempio', 'Sovra i Cardini tuoi s'avvolgeranno', 'Al furor de le squadre, e de' coltelli'); [nessuno dei tre sonetti è presente nell'edizione 1611 delle 'Rime', Roma, Bartolomeo Zannetti]. [In base alla date di alcune missive di Cebà a Federico Borromeo, si desume che questa lettera possa risalire al periodo 1612-1615. Cfr. anche la lettera all'Olgiati con incipit "La lettera di Vostra Signoria de' 9 di Maggio"]. |
Fonte o bibliografia |
Ansaldo Cebà, Lettere ad Agostino Pallavicino di Stefano, Genova, Giuseppe Pavoni, 1623, pp. 79-84. |
Compilatore |
Navone Matteo |
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