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Mittente |
Guasco Annibale |
Destinatario |
Di Mendozza Beatrice |
Data |
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Tipo data |
Assente |
Luogo di partenza |
[Alessandria] |
Luogo di arrivo |
[Torino] |
Incipit |
O Felice augurio, che feci io a me stesso in quella mia lettera |
Contenuto e note |
Guasco scherza con Beatrice di Mendozza, "dama della Serenissima Infanta duchessa di Savoia" [Caterina d'Asburgo], la quale aveva definito il Guasco suo "amante" in alcune lettere spedite a donna Lavinia [figlia di Guasco], dopo che egli si era dichiarato, in una lettera precedente [si fa riferimento alla lettera di p. 99], più che semplice "servidor suo". Grazie a questa definizione confessa di essersi sentito "ringiovenir", nonostante le sue "canute tempie"; come segno di questo sostiene di portare un "giovenile e caro laccio", per la gloria di essere suo "servo e amante". Non sapendo come ricambiare, Guasco dichiara di essere suo eterno debitore, essendo troppo grande il credito che ha la dama con lui, tanto che non potrebbe pagarlo neanche con la vita. Supplicandola di conservarlo nel suo amore, baciando le mani e pregandola di fare riverenza in suo nome a Sua Altezza [Carlo Emanuele I], si congeda. |
Fonte o bibliografia |
Annibale Guasco, Lettere, Treviso, G. B. Bertoni, 1603, pp. 101-2. |
Compilatore |
Conti Laura |
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