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Mittente |
Guasco Annibale |
Destinatario |
Guasco Scipione |
Data |
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Tipo data |
assente |
Luogo di partenza |
[Alessandria] |
Luogo di arrivo |
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Incipit |
I medesimi dubbi, che mi movete voi nella lettera vostra |
Contenuto e note |
In questa lunga missiva, che si presenta come un piccolo trattato di epistolografia, Guasco spiega al fratello i motivi della fortuna dei libri di lettere e quale sia la difficoltà di comporre un volume simile. Quanto alla diffusione di tali libri afferma che gli uomini sono curiosi degli affari altrui, che la varietà degli stili e dei concetti rende piacevole la lettura e che chiunque desidera ammirare e imitare testi ben scritti. Quanto alla difficoltà il Guasco fa notare al fratello che tutti scrivono lettere, ma non tutti le scrivono bene; il "ben scrivere" presuppone la conoscenza degli stessi principi che regolano il "dir bene"; è necessaria la conoscenza della retorica, della filosofia, della logica. Come le orazioni anche le lettere seguono "Inventio, Dispositio, Elocutio" e hanno una struttura ben definita; è necessario avere "buoni concetti" e quindi essere dotti; è necessario conoscere gli scrittori passati; scrivere lettere si rivela più difficile del comporre orazioni, nelle lettere bisogna astenersi da digressioni, prosopopee o apostrofi perché la lunghezza si addice al parlare ma non allo scrivere; è necessaria, infine una predisposizione naturale affiancata dall'esercizio costante. Nella lettera Guasco cita: il 'Galateo' [di Giovanni della Casa], il 'De Oratore' di Cicerone, la 'Retorica' di Aristotele, Orazio, Pericle, Isocrate, Demostene, Senofonte, Teofrasto di Ereso, Carneade di Cirene, Catone il Censore, Quinto Ortensio Ortalo, Ermogene di Tarso, Tito Livio, Boezio, Sallustio, Quintiliano, Terenzio, Cesare, Marco Numidio Quadrato e il cantore cinquecentesco Gioseffo Zarlino. |
Fonte o bibliografia |
Annibale Guasco, Lettere, Treviso, Bertoni, 1603, pp. 1-25 |
Compilatore |
Chioda Elena |
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