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Mittente |
Tasso Torquato |
Destinatario |
Ardizio Curzio |
Data |
1581 |
Tipo data |
congetturale |
Luogo di partenza |
Ferrara |
Luogo di arrivo |
Mantova |
Incipit |
Ho molto obligo al signor Giulio Mosti, che dia buon ricapito |
Contenuto e note |
Torquato Tasso comunica a Curzio Ardizio di essere riconoscente verso Giulio Mosti per il buon recapito delle sue lettere, anche di quelle contenenti qualche “componimento”. Tuttavia, sospetta che una missiva possa essersi smarrita: si tratta di quella in cui ha corretto “il primo terzetto” del sonetto per il principe [di Parma] Ranuccio [Farnese; il componimento è 'Rime', n. 812, ‘Mentre il tuo forte padre in fiera guerra’, inviato con la lettera n. 173 dell'edizione Guasti, "Ringrazio molto Vostra Signoria de l'ufficio"]; per questo motivo trascrive nuovamente le correzioni e prega l’amico di rispedirlo. Chiede notizie dei sonetti mandati al principe di Mantova [Vincenzo Gonzaga] e comunica l’esigenza di parlare con Marcello [Donati]: questo potrebbe consigliarlo sulla sua salute, che i medici e il signor Agostino [Mosti] trascurano; necessita anche di nuovi “medicamenti”, e chiede all’Ardizio di indurre Ferrante [Gonzaga] a scriverne alla duchessa di Ferrara [Margherita Gonzaga]. Lo informa del “negozio” degli otto scudi, per fare chiarezza sulla vicenda: racconta di aver venduto per venti scudi, a Mantova, un rubino donatogli dalla duchessa d’Urbino [Lucrezia d’Este], valutato dai trentacinque ai settanta scudi; tuttavia, visto che la vendita era stata di così scarso profitto, l’orafo Pier Giovanni gli aveva promesso otto scudi in “camicie” e “pannilini” confezionati dalla moglie Anna, che non ha ancora ricevuto. Riguardo i trentadue scudi, invece, precisa che gli furono dati per la vendita di una collana, stimata, anche questa, quattro scudi in meno del dovuto; e aggiunge che questo denaro non venne dato “al barbiero”, ma ad “alcuni filippini”, secondo la volontà del duca di Ferrara [Alfonso II d’Este]. Comunica che apprezzerebbe qualche “dono” dalla “liberalità” di don Ferrante, specialmente in seguito alla dedica “del Piacere onesto” [‘Il Gonzaga, overo Del piacer onesto’], il dialogo in cui suo padre [Cesare Gonzaga] è introdotto a discutere con il filosofo “Agostino da Sessa” [Agostino Nifo]. Prega l’Ardizio e “le sue donne” di aiutarlo come si fa con un “poverissimo” e chiede alcune informazioni per i suoi studi: non ricorda quale scrittore dia “il velo” ad Imeneo, perché Catullo gli dà solo la “face, la ghirlanda ed i conturni” e su Claudiano e altri che ha letto non può pronunciarsi, essendo la sua memoria “tanto indebolita”. Infine, dà il suo giudizio sul sonetto: lo apprezza, perché non ha trovato nulla che “meriti biasimo”; e sebbene qualcuno gli abbia consigliato di evitare la parola “prole”, lo assicura che questa è usata sia dal Boccaccio che “da’ moderni”. |
Fonte o bibliografia |
Le lettere di Torquato Tasso, a cura di C. Guasti, Firenze, Le Monnier, 1852-55, num. 182, II, pp. 146-149. Delle Lettere Familiari del Sig. Torquato Tasso, Bergamo, Comino Ventura e Compagni, 1588, libro II, cc. 21v-23r. |
Compilatore |
Liguori Marianna |
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