|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Mittente |
Erizzo Sebastiano |
Destinatario |
|
Data |
|
Tipo data |
assente |
Luogo di partenza |
|
Luogo di arrivo |
|
Incipit |
Io non vi chiamerò più Vita mia, nè Unico mio bene, come ho fatto |
Contenuto e note |
Erizzo sostiene che nell'ultima lettera dell'amata ella si sia dimostrata crudele al punto di provocargli la morte; perlomeno, aggiunge, ella riconosce che è stato gentile a preoccuparsi per la sua salute, ma in cambio di questa cortesia ella sa trasmettere solo freddezza. L'innamorato prosegue lamentandosi della falsità della donna e negando di essersi mai dimostrato disonesto, come ella lo accusa di essere; inoltre, le ricorda che ella stessa non ha alcun potere sull'amore che egli prova per lei, dacché non esiste alcuna forza al mondo in grado di fermare quasto sentimento, perciò ella è un'illusa se crede di riuscire a spegnere il fuoco dell'amore negandosi alla vista del giovane. Infine, alla richiesta di lei di restituirsi a vicenda il carteggio, egli risponde con un rifiuto netto, contrapponendo all'animo volubile della donna la costanza dell'uomo. Conclude con la speranza che le sue parole vengano ascoltate dalla interlocutrice. |
Fonte o bibliografia |
Vicenza, Biblioteca Bertoliana, CODICE G 387 (277), fondo Manoscritti Antichi, 46, cc. 288r-289r. |
Compilatore |
Marconato Claudia |
|
|
|
|
|
Torna all’elenco dei risultati
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|