Mittente Erizzo Sebastiano Destinatario
Data Tipo data assente
Luogo di partenza Luogo di arrivo
Incipit Se l’amorosa passione fosse di natura simile a tutte
Contenuto e note Nonostante la sua decisione di andarsene per mititgare la sua passione amorosa, Erizzo si rende conto che il sentimento non è cambiato e anche che l'amore segue leggi diverse rispetto alle altre passioni umane. Perciò non gli resta che implorare la sua amata di rivederla, visto che ormai è convinto che per nessuna ragione al mondo il suo affetto nei confornti di lei cambierà. Invidia qualsiasi cosa, anche gli oggetti, con cui la donna viene a contatto; richiama alla memoria le avventure amorose di Giove e paragona la bellezza dell'amata con quella delle Grazie o di Venere. Ormai egli non teme neanche Cupido, visto che questi ha svuotato la sua faretra con lui, e lamenta tutti i sintomi di una vera e propria malattia d'amore; nonostante questo invidia chi può stare a contatto con lei, perché può godere degli effetti che provoca il suo bel volto, simile al sole che ha il potere di illuminare e dare vita. Le virtù che il giovane ha sono solo un riflesso e dunque pur di servirla egli si rende conto che vale la pena sopportare le sofferenze inflittegli da questo amore. Conclude compiacendosi della ritrovata salute della donna, ma si domanda se le crudeli parole di lei siano ancora sintomi di malessere o pura malizia, per cui chiede alla donna di scegliere se inviargli una sentenza di morte, cioè di interrompere la loro relazione, o se lasciarlo in vita donandosi a lui.
Fonte o bibliografia Vicenza, Biblioteca Bertoliana, CODICE G 387 (277), fondo Manoscritti Antichi, 39, cc. 283r-284v.
Compilatore Marconato Claudia
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