Mittente Erizzo Sebastiano Destinatario Ligorio Pirro
Data 30/5/1570 Tipo data effettiva
Luogo di partenza Venezia Luogo di arrivo
Incipit Se io havessi pensato d'offendere Vostra Signoria con la mia ultima lettera
Contenuto e note Erizzo si scusa se con la sua ultima lettera ha offeso il Ligorio, ma gli ricorda che dalle discussioni e dai pareri discordanti i saggi trassero la verità; i due, infatti, sono in disaccordo sul significato delle medaglie antiche, perciò il veneziano tenta di spiegare che le medaglie antiche possono avere avuto una funzione commemorativa e invita il suo interlocutore a scrivergli delle annotazioni sul suo Discorso sopra le medaglie antiche. Erizzo confuta anche l'aggettivo "marcissime" scelto dal Ligorio per definire le medaglie antiche: a suo parere esso non dà giustizia nè del materiale di cui sono composte, nè del soggetto. In seguito, alla domanda del corrispondente su quali fossero le monete dei Romani, Erizzo risponde descrivendo l'asse e i suoi sottogruppi e rimandando per approfondimenti al suo trattato, a Plinio e a Gellio. Confrontando queste ultime monete con le medaglie, l'autore sottolinea che le prime non raggiungono il livello di qualità della lavorazione delle seconde, mentre in queste ultime non compaiono le cifre o i simboli che indicano il loro valore convenzionale e adduce altre motivazioni a sostegno della sua tesi. Elenca quindi alcune monete in rame da lui stesso possedute o descritte da Plinio o Gellio, che dimostrano la scarsa attenzione alla qualità della lavorazione, segno che esse erano destinate allo scambio, a differenza delle medaglie, e presentano i nomi dei magistrati che le hanno fatte coniare, compreso l'anno in cui vennero battute. Nel lungo elenco di monete da lui possedute, Erizzo sottolinea che alcune pesano così tanto che devono essere state usate come misura per le bilance. Infine, il veneziano confuta un'altra ipotesi del Ligorio, il quale sostiene che la presenza della Dea Moneta e la scritta MONETA AUGUS in alcune medaglie starebbero a significare che esse avessero valore commerciale; ma l'Erizzo fa appello al significato simbolico della dea e al fatto che in genere nelle medaglie appaiono anche altre divinità. Conclude ribadendo la tesi iniziale sostenendo che i Romani avevano distinte monete in rame, in argento e in oro per spendere e medaglie degli imperatori per scopi commemorativi e invita il corrispondente a rispondere seguendo l'autorità degli antichi [la lettera è presente anche nelle Lettere inedite di Sebastiano Erizzo da un manoscritto dalla Biblioteca Municipale di Vicenza pubblicate dal marchese G. Melchiorri, Roma, Tip. Contedini, 1825].
Fonte o bibliografia Vicenza, Biblioteca Bertoliana, CODICE G 387 (277), fondo Manoscritti Antichi, 68, cc. 169r-173v.
Compilatore Marconato Claudia
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