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Mittente |
Malvezzi Virgilio |
Destinatario |
Pallavicino Sforza |
Data |
5/8/1648 |
Tipo data |
effettiva |
Luogo di partenza |
Castel Guelfo |
Luogo di arrivo |
[Roma] |
Incipit |
Mi è stata forza studiare assai |
Contenuto e note |
Malvezzi riconosce di aver dovuto studiare per potersi a sufficienza documentare sull’interpretazione di un luogo aristotelico (‘Il cielo’[, II, 3]) sottopostogli dal Pallavicino. Ma, pur avendo usato i commentatori di Aristotele - San Tommaso, il Gaetano [Tommaso De Vio], Averroè, [Marco Antonio] Zimara, i [‘Commentarii Collegii] Conimbricensis [Societatis Jesu’, Coimbra 1592] e [Francisco] Suárez - non persuaso delle interpretazioni ivi trovate, ha tentato la soluzione con le sole sue forze. È dunque arrivato alla conclusione che la traduzione latina – “unumquodque, quorum est opus, est gratia operis” – del testo greco aristotelico significhi che “tutto quello che ha operazione ha l’essere per causa dell’operazione; perché l’essere in atto primo, che è l’essere in potenza, si riduce all’atto secondo, che è l’essere perfetto, per mezzo dell’operazione”. Lui stesso, il Malvezzi, si sente, nei confronti del suo corrispondente, “in atto primo e conseguentemente in un atto imperfetto di servo” del Pallavicino. Ma se l’amato nipote gli consentirà di servirlo, conseguirà allora finalmente anch’egli “l’essere perfetto”. |
Fonte o bibliografia |
Clizia Carminati, Il carteggio tra Virgilio Malvezzi e Sforza Pallavicino, “Studi secenteschi”, XLI, 2000, pp. 407-408 (lettera 16) |
Compilatore |
Giulietti Renato |
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