Mittente Malvezzi Virgilio Destinatario Pallavicino Sforza
Data 14/11/1646 Tipo data effettiva
Luogo di partenza Castel Guelfo Luogo di arrivo [Roma]
Incipit L’intelletto di Vostra Paternità Molto Reverenda è come il Nillo
Contenuto e note Malvezzi, che ha ricevuto e letto le lunghissime disquisizioni del Pallavicino [cfr. lettera di Pallavicino a Malvezzi del 27 ottobre 1646, n. 11 Carminati] su due luoghi di Aristotele, si complimenta con il suo corrispondente per la fluidità e la concettosità della scrittura che, come il Nilo con le sue acque, danno fertilità al mondo letterato. Relativamente al primo luogo aristotelico, Malvezzi è stato sollecitato, dal commento erudito del Pallavicino, a considerare se l’affermazione che “l’intelletto sente disgusto di vedersi astretto dalla verità” abbia una sua logica. L’intelletto può portare cioè a una verità inaspettata: e ciò induce il disinganno. Tutti concetti, questi, sui quali il Malvezzi si è intrattenuto a lungo nella sua ancora manoscritta ‘Vita di Alcibiade’, ma anche, a tratti, nel proemio dell’altra sua ‘Vita di Bruto’ (anch’essa non stampata): il Malvezzi intende però mutare qualcosa di quanto afferma in quel proemio e lo invia perciò al Pallavicino per averne un parere. Passa quindi al secondo luogo aristotelico per criticare il paragone utilizzato dal filosofo [il quale argomenta che “veggiono più molti occhi che due; e che, siccome quell’uno il quale governa si dee valer poi di molti ministri, così è meglio che molti sieno gli stessi governatori”]. Malvezzi oppone a ciò una sua personale interpretazione della questione: l’occhio può aver necessità di vedere in lunghezza (cioè in profondità) e in larghezza (cioè ad ampio raggio): se in profondità, tanti occhi medi non arriveranno a vedere come un solo occhio acuto; se ad ampio raggio, invece, il paragone di Aristotele regge. Ora, poiché il suo interlocutore si mostra interessato a leggere qualcosa di suo, il Malvezzi gli manda, insieme all’accennata introduzione alla ‘Vita di Bruto’ - “ch’è di maniera laconica” come tutta la ‘Vita’ - anche l’introduzione alla ‘Vita di Alcibiade’, “ch’è di stile più asiatico”, attendendone un parere. Accenna quindi alla sorpresa che ha avuto leggendo il libro del padre Daniello Bartoli [‘Dell’uomo di lettere difeso ed emendato, parti due … edizione quinta. All’illustrissimo signore e padrone colendissimo il signor Marchese Virgilio Malvezzi, in Bologna, per Giacomo Monti, 1646] dedicatogli dallo stampatore [Carlo Manolessi]: infatti il Bartoli, non conosciuto dal Malvezzi se non al momento della lettura di quel libro, riserva al Malvezzi “ingiurie, e disprezzi” che questi non crede certo di meritare, tanto più che ha sempre riverito e stimato la Compagnia di Gesù cui il Bartoli appartiene. E, se non fosse per questo, l’avrebbe tranquillamente ignorato come già aveva fatto con il libro di [Agostino] Mascardi [‘Dell’arte istorica trattati cinque’, Roma, Facciotti, 1636, nel quale s’alludeva in senso critico alla scrittura malvezziana]. Malvezzi ammette sì la critica, ma lo deprime il fatto di “vedere dette le cose come se vi fosse colera, e mescolate con ingiurie, come se vi fossero offese”. Malvezzi chiude la lettera promettendo di fare “publica dichiarazione” [come avverrà nella ‘Vita di Coriolano’: cfr. V. Malvezzi, ‘Considerazioni con occasione d’alcuni luoghi delle vite d’Alcibiade e di Coriolano’, Bologna, eredi del Dozza, 1648] dell’onore e delle lodi nel tempo riservatigli dal Pallavicino.
Fonte o bibliografia Clizia Carminati, Il carteggio tra Virgilio Malvezzi e Sforza Pallavicino, “Studi secenteschi”, XLI, 2000, pp. 393-397 (lettera 12)
Compilatore Giulietti Renato
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