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Mittente |
Querini (Quirini) Marcantonio (Sebastiano) |
Destinatario |
Di Priuli Luigi, procuratore |
Data |
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Tipo data |
Assente |
Luogo di partenza |
Napoli |
Luogo di arrivo |
Venezia |
Incipit |
Il passar dalle meraviglie di Venetia alle grandezze di questa Città |
Contenuto e note |
Marcantonio Querini scrive al procuratore Luigi Di Priuli [i Di Priuli, o Priuli, erano una delle famiglie patrizie della Repubblica di Venezia. I Procuratori erano magistrati della Serenissima Repubblica di Venezia: inizialmente responsabili della basilica marciana, i loro poteri si estesero progressivamente agli edifici affacciati su piazza San Marco e poi sul resto della città. Si occupavano inoltre dell'esecuzione dei testamenti e della gestione dei patrimoni privati, soprattutto nei casi di tutela sui beni di orfani e vedove. Come il doge, la loro carica era vitalizia] per lodare le bellezze di Napoli. Racconta che, spostandosi da Venezia a Napoli, si è trovato di fronte a luoghi ugualmente meravigliosi, come se si trovasse nella "medesima Sfera" e potesse vedere "tutte le bellezze del Mondo in due parti distribuite": può vedere, infatti, "qui" [a Napoli] come a Venezia "grandezze singolari, et bellezze notabili". Descrive poi, come Di Priuli gli ha chiesto [congetturalmente in una lettera non identificata], la città di Napoli, posta tra i monti e il mare, costruita su una pianura e affacciata su un golfo "ingemmato": a sinistra si vedono città, terre e castelli; a destra il "famoso, et delitioso" Posillipo, dove "tra superbi, et honoratissimi palaggi", i signori e le dame della città, giungendo su "filucche", passano l'estate e vivono in mezzo agli agi. A Napoli baroni, marchesi, duchi e principi non si vedono mai da soli, ma "a squadre a squadre, a mille a mille": con buone maniere e vestiti in abiti eleganti, si dedicano ad "honesti essercitij d'Amore" e mostrano il loro "splendore Martiale". La bellezza delle dame e lo splendore dei cavalieri, infatti, risplende a tal punto che si può credere che a Napoli, e in nessun altro luogo, Venere e Marte siano stati legati con una "rete d'oro". Se poi si vuole parlare di ricchezza, non c'è dubbio che alcune famiglie abbiano entrate annue che superano i centomila ducati. Conclude, infine, dicendo che, restando a Napoli, non ha occasione di invidiare Venezia, se non per il fatto che si trova lontano da Di Priuli e gli risulta difficile servirlo. [Nella "Tavola delle lettere che si contengono in questo libro" a inizio volume, la lettera è posta sotto il capo di "Lodare"]. |
Fonte o bibliografia |
Marcantonio Querini, Lettere, Venezia, Barezzo Barezzi, 1613, cc. 31r-31v. |
Compilatore |
Barozzi Elisa |
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