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Mittente |
Querini (Quirini) Marcantonio (Sebastiano) |
Destinatario |
Pietra Raimondo |
Data |
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Tipo data |
Assente |
Luogo di partenza |
Pavia |
Luogo di arrivo |
Milano |
Incipit |
Ho più minutamente inteso da Messer Ludovico quanto mi scrisse Vostra Signoria |
Contenuto e note |
Marcantonio Querini scrive a Raimondo Pietra, riferendo di aver compreso compiutamente da messer Ludovico [non si trovano ulteriori informazioni sul personaggio] quanto [Pietra stesso] gli aveva scritto nei giorni precedenti, riguardo la situazione con i signori N. [nome volutamente omesso]. [Querini, per spiegare la situazione, utilizza un linguaggio metaforico che fa riferimento al mito di Arianna e Teseo e afferma che], se potesse aiutarlo, con il filo della sua sollecitudine, in questo intricato caso [un caso di omicidio], egli [Pietra] sarebbe già uscito dal labirinto. Ma, in questa situazione, non c'è Arianna [che porge il filo per uscire dal labirinto] e Querini non può essere Teseo [che accompagna Pietra fuori dal labirinto]: occorre tener conto, infatti, che si tratta di un grave omicidio e che le persone offese sono molte. Per risolvere la situazione, dunque, bisognerebbe che "il tempo deponesse le ali" [che rallentasse un po', che ci fosse più tempo da dedicare alla faccenda] e che il Pietra fosse di età più giovane [congetturalmente, la giovane età potrebbe spiegare l'omicidio come frutto di un gesto di rabbia]. Tuttavia Querini assicura che non risparmierà le sue fatiche [per tentare di risolvere la situazione]: parlerà con il senatore Maggio [non si trovano ulteriori informazioni sul personaggio] e farà in modo che il conte Carlo Borromeo [Carlo III Borromeo, conte di Arona e marchese di Angera, 1586-1652] calmi il furore degli avversari, che [Querini] teme particolarmente. Ma cercherà anche di non entrare direttamente nella faccenda e si comporterà come se non sapesse tutta la verità: fingerà di non comprendere le ragioni degli avversari e proporrà diverse soluzioni di accomodamento. Infine, se tutto ciò non bastasse, andrà a Cremona, dove potrà parlare direttamente con il signor Giacomo Maggio [non si trovano ulteriori informazioni sul personaggio], del quale si servirà come mezzo per convincere il padre [generale dei Crociferi]. Se non si troverà un modo per risolvere la situazione secondo la legge, si cercherà almeno di ridurre il peso [della pena] e se i giudici saranno irreprensibili e rigorosi a causa della perdita provocata, allora si cercherà di convincerli della fatalità dell'accidente. Querini invita quindi il signor Pietra a consolarsi e a confidare nel fatto che le tribolazioni della vita presente sono garanzia di gloria futura. [Nella "Tavola delle lettere che si contengono in questo libro" a inizio volume, la lettera è posta sotto il capo di "Trattare"]. |
Fonte o bibliografia |
Marcantonio Querini, Lettere, Venezia, Barezzo Barezzi, 1613, cc. 26v-27r. |
Compilatore |
Barozzi Elisa |
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