Mittente Caro Annibale Destinatario Gaddi Taddeo, Arcivescovo di Cosenza
Data 1542 Tipo data congetturale
Luogo di partenza Civitanova Luogo di arrivo
Incipit Non poteva, in tanta perdita ch'io ho fatta d'un padrone
Contenuto e note Annibal Caro declina l'invito di Taddeo Gaddi [Arcivescovo di Cosenza e nipote di Giovanni Gaddi] di proseguire a servire la famiglia. Caro [Annibal Caro] spiega di non poter infrangere la promessa fatta ad un "cortesissimo signore" [Pier Luigi Farnese] che, sin già prima della morte del suo protettore, Giovanni Gaddi, desiderava il suo servizio. Dopo aver aggiunto motivazioni di ordine economico, Caro [Annibal Caro] ribadisce l'affetto nutrito nei confronti della famiglia Gaddi e continua a dirsi servitore di Taddeo Gaddi, "Monsignor Reverendissimo e Illustrissimo" [Niccolò Gaddi] e di Luigi e Sinibaldo Gaddi. A testimonianza della riconoscenza nei confronti del suo interlocutore, Annibal Caro allegherà alla lettera un "picciolo segno" [il sonetto 'Lasso, quando fiorìa l'ultima speme', in memoria di Giovanni Guidiccioni].
[La lettera compare senza alcuna datazione, ma stando al parere di Aulo Greco, è probabile che Caro l'abbia inviata intorno alla fine dell'ottobre 1542. La missiva si trova nel codice apografo Paris, Fonds Italien, Ital. 1707, cc. 126v-128r, che tràdita il libro di lettere fatto allestire da Annibal Caro; è edita per la prima volta nella stampa a cura di Paolo Manuzio 'De le Lettere Familiari del Commendatore Annibal Caro', Venezia, 1572-1575, vol. I, pp. 152-154].
Fonte o bibliografia Annibal Caro, Lettere Familiari, edizione critica con introduzione e note di Aulo Greco, Firenze, Le Monnier, 1957-1961, vol. I, p. 260.
Compilatore Burattini Ilaria
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