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Mittente |
Manfredi Muzio |
Destinatario |
Arnolfini Pompeo |
Data |
3/11/1591 |
Tipo data |
effettiva |
Luogo di partenza |
Nansì [Nancy, Francia] |
Luogo di arrivo |
Genova |
Incipit |
Una cosa sola mi fa credere, che gli honori fattimi da voi |
Contenuto e note |
Muzio Manfredi scrive a Pompeo Arnolfini [poeta originario di Lucca] ricordando quando fu per nove giorni [a Genova] a casa del principe [di Melfi] [Giovanni Andrea (Gianandrea)] d'Oria [Doria, di cui l'Arnolfini era segretario], con il principe di Molfetta [Ferrante II Gonzaga] genero del primo [in quanto Vittoria Doria, figlia di Gianandrea, sposò Ferrante II; a lei il Manfredi scrive nella lettera con incipit: "Pochi giorni sono, ho composta una Pastorale, e holla nominata". Il Manfredi si trovò a casa del Doria con Ferrante congetturalmente nel periodo in cui era al servizio di quest'ultimo: si trovò presso la sua corte dal 1584 al 1587, quando ne fu improvvisamente allontanato proprio mentre Ferrante era in viaggio a Genova per incontrare la futura moglie Vittoria Doria]; in tale occasione soltanto una cosa lo portò a credere che le cortesie dell'Arnolfini nei suoi confronti "venissero dal cuore": non l'essere di nobili natali, dato che molti nobili sono "finti" e "malvagi", bensì il fatto che sia colto e sia un poeta. Tuttavia, il fatto che questi non gli abbia mai risposto alle sue lettere, gli "ha messo il cervello a partito": infatti, Muzio afferma di aver pregato invano più volte il suo destinatario affinché gli rinviasse "quella lettera" [non identificabile] che tempo prima gli aveva scritto contro "alcune opinioni poetiche del Goselini" [Giuliano Gosellini, poeta e segretario di Ferrante I Gonzaga, nonno di Ferrante II], della quale non tenne copia. Quindi, torna nuovamente a chiedergliela, affermando che gli farebbe piacere riceverla dato che in quel momento ne ha "più che mai" bisogno [è probabile che ne avesse bisogno per la composizione di quel trattato di arte poetica inedito perché "respinto nel 1603 a Venezia sulle soglie della pubblicazione" (Lucia Denarosi, 'L'accademia degli Innominati di Parma: teorie letterarie e progetti di scrittura (1574-1608)', Firenze, Società Editrice Fiorentina, 2003, p. 260), composto dal Manfredi in risposta alle critiche di Angelo Ingegneri contro la sua 'Semiramis tragedia' (Muzio Manfredi, 'La Semiramis tragedia [...]', Bergamo, Ventura, 1593). Per maggiori informazioni sulla vicenda dell'Ingegneri, si rimanda a tutte le lettere che trattano della questione: ad Angelo Ingegneri: "Già quasi tre anni, trovandomi in Vicenza, mi capitarono alle mani"; a Livio Pagello: "Poiché Vostra Signoria che sà molto, non ha mai voluto"; a Vincenzo Giusti: "L'opere di Vostra Signoria e la medesima fortuna che ella"; a Erasmo di Valvasone: "Delle lettere, che homai due anni sono, scrissi a Vostra Signoria"; a Girolamo Buso: "Essendo io ancora io Tortona, ma verso la mia partenza"; a Pietro Paolo Volpe: "Hoggi, finalmente, per compiacervi, ho messo mano a rispondere alle oppositioni"; a Malatesta Porta: "A tempo ho letto hora il Dialogo di Vostra Signoria"; a Belisario Bulgarini: "Un'altra volta ho scritto di qua lungamente a Vostra Signoria"; a Marcantonio Martinengo: "Come che Vostra Signoria Illustrissima stimi assai, e forse troppo"]. [Si consideri che le lettere del Manfredi sono datate in modo fittizio, tali da poter essere disposte in modo consecutivo nel corso dell'anno 1591, e che i possibili riferimenti temporali ivi presenti potrebbero essere stati manipolati con accurata attenzione per far coincidere i tempi. In questa lettera, nello specifico, non ci sono elementi su cui poter ragionare circa una possibile datazione diversa da quella scritta dall'autore]. |
Fonte o bibliografia |
Muzio Manfredi, 'Lettere brevissime', Venezia, Meglietti, 1606, p. 253, n° 307 |
Compilatore |
Angeloni Alessandra |
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