Mittente Grillo Angelo Destinatario Petracci (Petrazzi) Pietro
Data 1608 Tipo data congetturale
Luogo di partenza Santa Maria di Praglia Luogo di arrivo Venezia
Incipit Ogni lavoro della penna per bello, et eccellente, che sia
Contenuto e note Angelo Grillo scrive a Pietro Petracci (Petrazzi) quando vede pubblicate le proprie lettere con la sua aggiunta, che ne comprende alcune che non avrebbe voluto divulgare e che ora dice diffuse senza il proprio consenso. Egli spiega che avrebbe preferito tenerle per sé o eliminarle perché, se anche non contengono offese, spesso possono essere fraintese e divenire materia d'odio per qualcuno. Inoltre, esse acquisiscono senso e valore non per chi le scrive ma per chi le legge e ogni uomo ha chi lo stima e chi lo denigra, così come il cielo ha stelle buone e altre maligne. Perciò si dimostra devoto al Petracci per aver raccolto e onorato le sue lettere con "dotte prefationi" e "ornatele di più de' suoi argomenti", però sottolinea che avrebbe voluto essere avvisato della pubblicazione di alcune di esse, che egli avrebbe provveduto a migliorare o ad eliminare per le troppe imperfezioni. Dice che il suo corrispondente ha corso per amore, spinto anche da altri "nobilissimi signori" che lo lodano e troppo onorano; nomina in particolare Giacomo Barozzi [dedicatario della terza impressione delle 'Lettere', curata dal Petracci], che anni prima diede vita alla prima raccolta 'Lettere' con la "forza della sua celebratissima eloquenza". Dice che certamente questi avrebbe difeso l'opera non solo da chi giudica apertamente ma anche da coloro che tessono lodi con "mascherata calunnia" e "honoratamente si dishonorano". Continua affermando che non è così invaghito di sé stesso da compiacersi se vengono pubblicate anche le sue questioni più private e irrilevanti, come gli aveva detto [Torquato] Tasso di sé. Passa poi a parlare del tempo atmosferico molto freddo a Praglia come a Venezia verso cui scrive; gli pare che Borea si sia spostato dai monti Rifei a quelli Euganei, dove Grillo si trova, ricreando il clima tipico della Scizia. Fa riferimento alle statue di leoni e alle torri innevate della città di Petracci, Venezia, dicendo che egli si aspetta invece che a Praglia, dopo così tanta neve, cada anche qualche costellazione, come un Centauro o un Drago di fuoco, supponendo che questo inverno insolitamente rigido non dipenda dall'usuale lontananza del Sole ma da un'insolita "congiura delle stelle". Conclude argutamente dichiarando di passare dal "camino della penna" [cioè dalla scrittura] al "camino del fuoco" [per riscaldarsi], nonostante stia già indossando i guanti. Continuando nella metafora, invoca il vero fuoco degli animi virtuosi, Dio, perché li possa far ardere sempre. [La lettera risale quasi sicuramente al 1608, anno della terza impressione delle 'Lettere' a cura di Pietro Petracci, Venezia, Giunti-Ciotti, alla quale Grillo fa qui riferimento e nella quale la lettera compare per la prima volta; Grillo fu a Praglia tra metà 1607 e metà 1608]. [Argomento, soprascritto alla lettera da Pietro Petracci: "Erano capitati in mano dell'Autore i primi Capi delle lettere, che tuttavia si stampavano con l'Aggiunta fatta dal Petracci; onde vedutene alcune, le quali non averebbe voluto, che fossero divolgate, si giustifica presso il mondo, che contra la sua intenzione sieno state raccolte, e date in luce".]
Fonte o bibliografia Angelo Grillo, Lettere, vol. I, Quarta impressione, Venezia, Ciotti, 1616, p. 779, Giustificazione
Compilatore Provenzano Giada - Carminati Clizia
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