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Mittente |
Grillo Angelo |
Destinatario |
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Data |
1598 |
Tipo data |
congetturale |
Luogo di partenza |
Venezia |
Luogo di arrivo |
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Incipit |
Dico mia colpa. Non haverei mai creduto che l'humanità mia dovesse |
Contenuto e note |
Angelo Grillo scrive "al signor N." incolpandosi di aver usato umanità verso una [non meglio qualificata] "persona", accorgendosi di avergli dato "l'erba di Glauco, o più tosto l'unguento di Apuleio". Così va il mondo: "savio chi lo conosce, felice chi lo fugge". Come "il padre Anaricio" [probabilmente Girolamo Albrizzi Tadini], di cui Grillo invidia la "cara solitudine". Avvisa che a breve potrebbe doversi trasferire, rimpatriando [a Genova]. Ha scorso una certa "orazione" stesa dal suo interlocutore, di argomento funebre: la loda, citando anche versi latini di [Giovanni Della Casa, dal carme 'De Ubaldino Bandinellio']. [La lettera compare in stampa a partire da Angelo Grillo, Lettere, Venezia, Ciotti; in Angelo Grillo, Lettere, Venezia, Ciotti Senese, 1604, è collocata nella sezione relativa agli anni 1598-1601 e, stante il luogo di partenza, può essere fatta risalire al maggio-settembre 1598, durante il soggiorno di Grillo presso il monastero di S. Giorgio Maggiore di Venezia]. [Argomento, soprascritto alla lettera da Pietro Petracci: "Si duole d'haver usato umanità a persona indegna; biasima la mondana malizia, loda chi sa fuggire il secolo, parla del mutare stanza, et loda l'orazion funebre dell'Amico."]. |
Fonte o bibliografia |
Angelo Grillo, Lettere, vol. I, Quarta impressione, Venezia, Ciotti, 1616, p. 862, Misto |
Compilatore |
Carminati Clizia - Ceriotti Luca - Ferretti Chiara |
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