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Mittente |
Tesauro Emanuele |
Destinatario |
Rubatto [Giovan Francesco] |
Data |
4/7/1646 |
Tipo data |
Effettiva |
Luogo di partenza |
Ivrea |
Luogo di arrivo |
Torino |
Incipit |
Ricevo quella di Vostra Signoria e mi rallegro che |
Contenuto e note |
Emanuele Tesauro scrive al “colonnello Rubbati” [Giovan Francesco Rubatto o Rubati, secondo la Doglio, cfr. il contributo segnalato nel campo Fonte, p. 176] in risposta a una missiva precedente, rallegrandosi della “buona risoluzione” del padre di Rubbati. Auspica, benché non vi sia risposta da parte del “padre Masserano” [Paolo Besso Ferrero, secondo la Doglio], che non vi saranno difficoltà [non si sa per quale officio], perché gli spagnoli “da otto o diece giorni in qua” hanno emanato un bando [a Milano?] per tutti i piemontesi e il Piemonte a causa di contagio; ma è “ricercato pretesto”. Lamenta alcune difficoltà a riscuotere le sue rendite: il “signor controllor Bianchi” [Carlo Bianchi, controllore delle finanze a Torino, come nota la Doglio] gli ha dato un assegno di “denari duecento sopra Caselle”, inutile, e un altro per le rendite di Fossano del 1638, che il controllore di quella città nega che gli siano dovute. Bianchi ha assicurato che quelle rendite gli sono dovute e che, in caso contrario, provvederà a trovare “altro fondo”. Tesauro, per sicurezza, prega Rubbati di trattare con Bianchi per chiarire il fatto. Informa, in ultimo, che “Pruero”, ora che è tornato il “signor conte Buneo” [gentiluomo di camera del principe Tommaso, nota della Doglio], renderà conto della “insolenza” fatta a Tesauro e a Rubbati. |
Fonte o bibliografia |
Emanuele Tesauro, ‘Scritti’, a cura di Maria Luisa Doglio, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2004, p. 136, lettera 2. |
Compilatore |
Cutrì Maicol |
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