Mittente Del Monte Giovanni Maria; Cervini degli Spannocchi Marcello Destinatario Della Casa Giovanni
Data 27/3/1547 Tipo data effettiva
Luogo di partenza Bologna Luogo di arrivo Venezia
Incipit Per la copia della lettera da noi scritta a monsignor Verallo
Contenuto e note I legati pontifici al Concilio di Trento, Giovanni Maria Del Monte [futuro papa Giulio III] e Marcello Cervini [futuro papa Marcello II], hanno già informato il nunzio Giovanni Della Casa della traslazione del Concilio con la copia della lettera indirizzata a [Girolamo] Verallo e allegata alla loro precedente. [La missiva a Verallo era stata inviata il 14 marzo 1547 (vedi: "Per l’inclusa copia della lettera che noi haviamo scritta a Monsignor Verallo"), ma il documento non è conservato in Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 14830]. Nella lettera del 14 marzo i legati avevano scritto di essere stati ben accolti da parte dei "magnifici rettori di quella città" [ovvero dal podestà di Verona, Domenico Morosini, e dal "capitano"] e avevano chiesto al nunzio di ringraziare "l'Illustrissima Signoria" [qui secondo Monica Marchi si intende il doge di Venezia, Francesco Donà (cfr. Giovanni Della Casa, Corrispondenza con i legati al Concilio di Trento, edizione e commento a cura di Monica Marchi, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2020, p. 162, nota 585), però nella lettera precedente i legati, in riferimento a Morosini "et altri gentihomeni della città", chiedevano appunto al nunzio di "ringratiarne quelli Illustrissimi Signori"]. Del Monte e Cervini sono giunti a Bologna il giorno 20 [marzo] e il Concilio è ripreso con la discussione di quei punti lasciati in sospeso nell'ultima sessione tridentina. Inviano a Della Casa alcune lettere da consegnare a vari prelati per sollecitare il loro arrivo a Bologna e chiedono al nunzio di fare "il medesimo offitio a bocca" con quelli che si trovano a Venezia. [Molti prelati si erano infatti allontanati da Trento dopo l'ultima sessione; in più occasioni viene chiesto al nunzio di esortare i prelati a recarsi ai lavori del Concilio, vedi in particolare la lettera: "Sono avisato da Roma che Sua Beatitudine ha ordinato che siano portati"]. Dopo la chiusura della missiva, i legati hanno ricevuto la lettera di Della Casa del 23 [marzo: anche questa missiva non è contenuta nel succitato codice]. I legati hanno visionato la stampa del decreto inviata dal nunzio [qui si tratterà del decreto sui sacramenti, inviato a Venezia il 5 marzo con la lettera "Giovedì a mattina celebrammo, con la gratia de Dio, la sessione" (cfr. anche la lettera del 30 marzo 1547 inviata da Trifone Benci: "Perché li Reverendissimi Signori legati sono in congregatione et non hanno tempo"). Ricordo inoltre che Della Casa era responsabile della pubblicazione dei decreti del sinodo a Venezia]. I legati hanno letto quanto riferisce Della Casa sulla causa "del frate" e ritengono che date le circostanze sia giusto "dargli il castigo che merita": se il nunzio vorrà, potranno scrivere in merito a Roma [potrebbe alludere al caso del frate agostiniano Angelico da Crema, per il quale Della Casa chiese la condanna a morte]. [La presente lettera è trascritta da Trifone Benci, segretario del Concilio, mentre le firme sono dei legati (vedi Irene Tani, Nuove riflessioni sul codice Vat. lat. 14830, in c.s.)].
Fonte o bibliografia Giovanni Della Casa, Corrispondenza con i legati al Concilio di Trento, edizione e commento a cura di Monica Marchi, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2020, pp. 162-163 (nr. 83)
Compilatore Tani Irene
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