Mittente Farnese Alessandro Destinatario Della Casa Giovanni
Data 29/5/1546 Tipo data effettiva
Luogo di partenza Tuscolano Luogo di arrivo Venezia
Incipit Nel’ultimo consistorio, che fu mercordì prossimo Nostro Signore concesse le Xme all'Illustrissima Signoria
Contenuto e note Il cardinal Farnese annuncia a Della Casa che lo scorso mercoledì Nostro Signore [Paolo III, nato Alessandro Farnese] ha concesso le decime [la Signoria di Venezia aveva richiesto al papa la concessione di due decime per la necessità di rafforzare le proprie difese, cfr. lettera del 20 marzo 1546, dal cardinal Farnese a Della Casa, in ms. Vat. Lat. 14831, cc. 208r -209v, incipit: “Il Magnifico Orator Veneto ha fatto instantia a Nostro Signore”] all’Illustrissima Signoria. Queste andranno utilizzate con moderazione da parte dei cardinali preposti a tale incarico, che stabiliranno se la somma sarà da esigere in uno o due anni, i tempi di riscossione e le esenzioni. Il Magnifico Imbasciatore [Giovanni Antonio Venier, ambasciatore veneziano a Roma dalla primavera del 1545] si è mostrato molto soddisfatto e comprende le difficoltà che emergono nel trattare simili questioni. Della Casa non dovrebbe avere problemi nel rispondere ad eventuali obiezioni che potrebbero essere poste da Venezia su questa decisione.
Il papa ha parlato con l’ambasciatore Venier in merito ai gravi accidenti occorsi ai mercanti di Ancona [Francesco Marini e Giovanni Guardi; mercanti sudditi della Chiesa, i cui rispettivi carichi erano stati confiscati ingiustamente da Venezia; cfr. lettera del 15 maggio 1546, dal cardinal Farnese a Della Casa, in ms. Vat. Lat. 14831, cc. 231r -232v, incipit: “Anchora che Nostro Signore pensi per quello che si è scritto a Vostro Signore”] nei giorni passati e in generale riguardo la libertà dei sudditi della Chiesa nel mare Adriatico. Egli desidera che il Venier scriva alla Signoria di Venezia affinché la sua richiesta non resti insoddisfatta. Si spera che quanto accaduto in passato sia successo più per errore, che per volontà di ledere la libertà dei suoi mercanti.
In merito alla causa contro Francesco Strozzi [Francesco Maria di Soldo Strozzi, segretario dell’ambasciatore cesareo a Venezia, accusato di aver scritto il ‘Pasquino in estasi’; cfr. lettera del 20 marzo 1546, dal cardinal Farnese a Giovanni Della Casa, in ms. Vat. Lat. 14831, cc. 208r-209v, incipit: “Il Magnifico Orator Veneto ha fatto instantia a Nostro Signore”] i Signori Deputati [all’Inquisizione romana] credono che gli indizi mandati dal cardinale Farnese non siano sufficienti per una condanna diretta ma bastano per procedere contro di lui “ad ulteriora”. Per il Farnese invece l’epitaffio [contro Paolo III, trovato al momento dell’arresto, cfr. Amadio Ronchini, ‘Lettere d’uomini illustri conservate in Parma nel R. Archivio dello Stato’, Parma, Reale tipografia, 1853, p.152], l’apostasia e le prove che possiede Della Casa, dovrebbero essere più che sufficienti per procedere contro il reo e scoprire la verità sul ‘Pasquillo’ [‘Pasquino in estasi’’]. A Roma non si riesce a capire come mai il Della Casa si senta forzato ad assolvere lo Strozzi [a Venezia godeva di molto favore, lo stesso Doge e la Signoria ne chiederanno la scarcerazione e il perdono] dal momento che nelle cause di eresia bisogna procedere con il massimo rigore.
Il cardinal Farnese dichiara il suo disappunto per la decisione del Casa di mostrare indulgenza e di non condannare un conventuale di San Francesco [frate Antonio Pennarolo, accusato di aver predicato in maniera sospetta ed eterodossa, cfr. Lorenzo Campana, ‘Monsignor Giovanni Della Casa e i suoi tempi’, "Studi Storici", XVII, 1908, pp.168-170], rimettendolo sotto la vigilanza del suo padre generale [personaggio di difficile identificazione]. Da Roma arriva l’ingiunzione al massimo rigore: il numero delle sette aumenta e queste si muovono con sempre maggiore cautela. Bisogna prestare attenzione ad ogni singolo predicatore e arrivare ad impedire la predica a coloro che sembrano sospetti. Il Farnese rimette però ogni decisione al Della Casa e gli ordina di tenersi costantemente informato, tramite anche i suoi domestici.
In merito alla causa contro il vescovo di Capodistria [Pietro Paolo Vergerio, denunciato per eresia nel dicembre 1544] non si può più ritardare il processo difensivo e il Vergerio va mandato a Roma quanto prima. Per i Signori Deputati il prolungarsi dei tempi del processo lederebbero la reputazione dell’officio. Della Casa deve quindi ammonire il vescovo a svolgere le sue difese entro i termini previsti, tanto più che Monsignor Patriarca [di Aquileia, Giovanni Grimani] è arrivato a sostituire il giudice nominato dal nunzio in sua assenza.
Messer Giovanni Battista Bresciano [Giovanni Battista Canale, uomo della Curia romana in lite con il prevosto Averoldo per il possesso del canonicato di Brescia, cfr. Lorenzo Campana, ‘Monsignor Giovanni Della Casa e i suoi tempi’, "Studi Storici", XVII, 1908, pp. 551-552] ha dovuto cedere il suo Canonicato [di Brescia] e inizierà quindi una causa con l’intruso [il prevosto Averoldo]. Si è informato di ciò l’ambasciatore Venier, in modo che possa richiedere alla Signoria [di Venezia] di procedere con diligenza nella causa, cercando di soddisfare il Canale. In questo modo si realizzerebbe la volontà di Paolo III.
Fonte o bibliografia Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Vat. Lat. 14831, cc. 235-237. Lettera orginale di mano di segretario con firma autografa del Farnese. Sulla coperta sommario di mano di Erasmo Gemini, segretario di Della Casa. Parzialmente edita da Lorenzo, Campana, 'Monsignor Giovanni Della Casa e i suoi tempi', "Studi Storici", XVII, 1908, pp.163-164, 170, 187.
Compilatore Mantovani Anna
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