Mittente Loredan Giovan Francesco Destinatario Speranza Francesco Paolo
Data Tipo data assente
Luogo di partenza Venezia Luogo di arrivo Ferrara
Incipit Non si lagni Vostra Signoria della maledicenza; perchè questa è un fomite, che non lascia languire le virtù.
Contenuto e note Loredan scrive a Francesco Paolo Speranza [accademico Incognito, autore della IX novella della seconda parte delle Novelle Amorose. Cfr. 'Cento Novelle Amorose' (II), Venezia, Guerigli, 1651], consigliandolo di non dar peso alle maldicenze sul suo conto; esse, sostiene, sono incentivi malefici atti a oscurare le virtù. Scrive di incolpare semmai sé stesso, perché i pregi singolari che il destinatario possiede provocano l'invidia di coloro che vorrebbero ma non sanno imitarlo. Introduce ora una metafora per chiarire il concetto: è effetto del sole stesso il crearsi di vapori dalla terra [nuvole] che lo oscurano. Consiglia al destinatario di vendicarsi con il disprezzo di coloro che lo biasimano, tenendo ben presente che i suoi componimenti sono perfetti, tanto che i maldicenti vorrebbero che non fossero usciti dalla sua penna. Loredan riporta poi la sua esperienza dopo la pubblicazione degli 'Scherzi Geniali' [pubblicati per la prima volta nel 1632]: alcuni invidiosi criticarono la debolezza del suo ingegno, o lo accusarono che l'opera non fosse farina del suo sacco. Quando alcuni gli movevano queste accuse in faccia, egli rispondeva sempre allo stesso modo: "Lodato Iddio, che se gli Scherzi Geniali non sono miei, corre almeno sotto il mio nome una composizione che piace". In questa maniera Loredan fece scoppiare l'invidia e trionfò sulle maldicenze. Loredan consiglia al destinatario di fare lo stesso, perchè e noto alla maggior parte degli accademici che questi ha fama di illustrissimo. Cita l'esempio di Dandolo [probabilmente Matteo Dandolo, Accademico Incognito], quando compose una spiritosa 'Lettera sopra d'un Bacio mandato con le punte delle Forbici', alla quale vi aggiunse via via sempre nuove vaghezze e concetti, e leggendola nell'Accademia, ricevette numerosi applausi. Continua il Loredan scrivendo che se un maldicente, oppresso dall'ignoranza, criticherà le opere del destinatario, egli non deve badarvi poiché una lingua contaminata dall'invidia non può trovar terreno fertile negli animi di chi si disinteressa. Invita quindi il destinatario ad acquietarsi e a rallegrarsi con la considerazione "Qui invidet minor est" [colui che invidia è inferiore]. Loredan si congenda, augurando dal Signor Dio ogni maggiore felicità al destinatario.
Fonte o bibliografia Giovan Francesco Loredan, Lettere, Venezia, Guerigli, 1653, p. 243, 'Lettere di Consiglio'
Compilatore Severgnini Ivan
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