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Mittente |
Brunetto Orazio |
Destinatario |
Dolce Lodovico |
Data |
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Tipo data |
assente |
Luogo di partenza |
Venezia |
Luogo di arrivo |
[Venezia] |
Incipit |
Io non mi havrei mai potuto persuadere ne l'animo |
Contenuto e note |
Orazio Brunetto scrive a Lodovico Dolce complimentandosi per l’impresa di aver tradotto in poco tempo una doppia sestina latina in una doppia in volgare, senza perderne il senso e accomodando le parole per tenere le rime, la qual cosa pensava impossibile. Dato che può non solo vedere ma anche toccare questo frutto dell’ingegno di Dolce, ora crede “che a gentile spirito ogni cosa sia possibile”. Brunetto peraltro avrebbe dovuto crederlo già da prima, dato che già Dedalo è riuscito a volare grazie alla sua arte; ringrazia Dolce per avergli tolto la “nebbia d’errore” che gli ricopriva i sensi, ed è sicuro che se Dedalo rivivesse, il divino intelletto di Dolce non avrebbe niente da invidiargli. Sicuramente non doveva giudicare impossibile per Pietro, Simone [forse gli apostoli] e per Dolce, i quali fanno miracoli, una cosa che a lui non era riuscita; non ha considerato tutti i particolari prima di dare quel giudizio, e ora capisce che era errato grazie al solo Dolce, il quale come lo zucchero (che non rovina nemmeno la minestra) migliora ogni cosa. Spera che queste sue dolci parole non saranno ritenute dettata dall'adulazione, perché essa non è mai stata “né piantata, né seminata” in lui. |
Fonte o bibliografia |
Lodovico Dolce, Lettere, a cura di Paolo Procaccioli, Manziana, Vecchiarelli, 2015, p. 259 |
Compilatore |
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