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Mittente |
Brunetto Orazio |
Destinatario |
Dolce Lodovico |
Data |
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Tipo data |
assente |
Luogo di partenza |
Venezia |
Luogo di arrivo |
[Venezia] |
Incipit |
Gli è così veramente, Signor Lodovico, com'io dissi nell'altra mia |
Contenuto e note |
Orazio Brunetto scrive a Lodovico Dolce che rapportarsi “con tutte le sorti degli huomini” è una cosa difficile, come aveva già accennato nell’altra lettera a proposito di “quel capro” [forse fra Sisto da Siena, col quale entrambi ebbero una lite; cfr. ‘In fine non è mai tanta la solertia d'un Galanthuomo’]. In pochi ci riescono senza ingannarsi, e dato che non basta tutto il sapere umano per registrare tutte le varie nature degli uomini, questa capacità è un dono speciale, dato dal cielo a poche persone che dal resto dell’umanità devono essere ammirate come dei. Un proverbio dice che la carne più difficile da giudicare è quella dell’uomo e che prima di conoscerne uno bisogna “haver mangiato un mozo di sale”; queste difficoltà ci sono perché l’uomo può dissimulare i suoi desideri. Brunetto ha saputo da messer Carlo [forse Carlo Zancaruolo] che Dolce è partito “da la sua antica, et solita stanza”, notizia che ha gradito perché così Dolce è più vicino a Brunetto e ad altri amici; non l'ha gradita, invece, perché gli dispiace vederlo fuori da quella casa, ma sono disavventure che capitano a molti, e non bisogna disperarsene più di quei molti. Non c’è infatti da meravigliarsi se a volte il figlio si separa dal padre, e viceversa, nonostante la forza del loro amore; così è sempre stato, e il mondo è bello per questo. Avvisa infine Dolce che il giorno successivo sarà alla sua casa, per parlare con lui di alcune cose che lo hanno spaventato. |
Fonte o bibliografia |
Lodovico Dolce, Lettere, a cura di Paolo Procaccioli, Manziana, Vecchiarelli, 2015, pp. 257-258 |
Compilatore |
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