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Mittente |
Aretino Pietro |
Destinatario |
Dolce Lodovico |
Data |
11/1545 |
Tipo data |
effettiva |
Luogo di partenza |
Venezia |
Luogo di arrivo |
[Venezia] |
Incipit |
Bella cosa e laudabile è, Compare dottissimo, il tenere in continuo esercizio |
Contenuto e note |
Pietro Aretino scrive a Lodovico Dolce che è una “bella cosa e laudabile” tenere in costante esercizio il proprio ingegno, essendo la fatica la madre dell’opera; lo scrive perché lo studio e l’impegno di Dolce sono instancabili. Chi prova affetto per lui, come fa Aretino, è però dispiaciuto del suo comportamento, perché il non conversare con gli amici è disturbante tanto quanto è appagante la gioia nel leggere le sue molte opere; per gli amici è quasi meglio non vederlo più che continuare a frequentarlo, perché essere separati da Dolce dà beneficio alle loro anime (con le opere composte). Devono quindi essere grati a Dio e chiedergli di farlo prosperare lieto nella convalescenza, dalla quale, con il divino ingegno concessogli dal signore, ha rivolto i suoi interessi alle sacre scritture. Ma, si chiede Aretino, se le altre opere, che hanno come argomento “le cose del mondo”, fanno meravigliare tutti, cosa mai potrà fare quest’opera che è “in soggetto de gli affari del paradiso?” Aretino si reputa un idiota e un indegno, la cui virtù è data dal vizio, perché non ha affaticato il suo intelletto, che per natura sta “ne gli onori di Cristo, e de i santi”, con l’ispirazione celeste. Chiede a Dolce di continuare a tradurre la Bibbia [iniziativa della quale non rimane traccia]: il Signore gliene aprirà tutti i segreti. Chiede di essere conservato nella sua memoria come lui nella sua conserva l’amico. |
Fonte o bibliografia |
Lodovico Dolce, Lettere, a cura di Paolo Procaccioli, Manziana, Vecchiarelli, 2015, pp. 220-221 |
Compilatore |
Chiarolini Marco |
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