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Mittente |
Marmitta Jacopo |
Destinatario |
Dolce Lodovico |
Data |
7/3/1540 |
Tipo data |
effettiva |
Luogo di partenza |
Roma |
Luogo di arrivo |
[Venezia] |
Incipit |
Io non so che giudicio haverà fatto Vostra Signoria |
Contenuto e note |
Giacomo (Jacopo) Marmitta si scusa con Lodovico Dolce perché il fratello, nonostante lo avesse istruito, non ha sempre ottemperato all’impegno di dare notizie di Marmitta agli amici, soprattutto a Dolce, spiegando loro i vari ostacoli che gli hanno impedito di comunicare anche solo per lettera. Si ritiene sicuro che, nonostante le mancanze del fratello, l’amico non possa aver cambiato disposizione, perché non può essere dolce ed amaro nello stesso momento; è sicuro anche che l’amarezza non possa vivere nell’animo di Dolce. Marmitta è convinto che le sue sventure e la sua salute cagionevole, iniziate una volta partito da Venezia, siano causate dalla separazione da un amico come Dolce; ora sta bene e spera di poter porre rimedio agli errori della lontananza andando a trovare Dolce e i vari amici, che gli sono sempre stati vicini, se non nelle lettere, almeno nell’animo. Un paio di giorni addietro ha incontrato Antonio Anselmi, il quale oltre a dargli notizie di Dolce gli ha fatto leggere la sua traduzione “del primo d’Ovidio” [‘Il primo libro delle Trasformationi d'Ovidio da M. Lodovico Dolce in volgare tradotto’, Venezia, Bindoni e Pasini, 1539]; Marmitta ritiene questo lavoro superbo, tanto che per chiunque sarà difficile distinguerlo dall’originale, e spera che porti a compimento l’opera. Si raccomanda, in conclusione, a Dolce, Federico Badoer, Domenico Venier, Agostino Spinelli e ai fratelli Gasparo e Paolo Crivelli. |
Fonte o bibliografia |
Lodovico Dolce, Lettere, a cura di Paolo Procaccioli, Manziana, Vecchiarelli, 2015, pp. 199-200 |
Compilatore |
Chiarolini Marco |
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