Mittente Marmitta Jacopo Destinatario Dolce Lodovico
Data 18/10/1538 Tipo data effettiva
Luogo di partenza [Parma] Luogo di arrivo [Venezia]
Incipit Voi forse vi sarete doluto di me, Magnifico Messer Lodovico
Contenuto e note Giacomo (Jacopo) Marmitta chiede scusa a Dolce per non aver risposto prima alla sua lettera del 23 agosto [1528], con allegate le 'Prose’ di [Pietro] Bembo [cfr. 'Ecco ch'io vengo a gli inchiostri, eccomi all'epistole' del primo agosto 1538], ma l’ha ricevuta solo il 16 ottobre, “che fu l’altr’heri a punto”. La lettera è arrivata talmente in ritardo che rispondere ora sarebbero fatica e inchiostro sprecati, perché ora come ora Marmitta non si ricorda della richiesta fatta a Dolce né Dolce, sicuramente, della risposta data a Marmitta. La colpa non è né di Marmitta né di Dolce ovviamente, quindi non si devono sentire in colpa; in ogni caso la lettera è stata molto gradita, come anche l’opera di Bembo, per la quale lo ringrazia molto. La cortesia e la gentilezza di Dolce hanno avuto su Marmitta lo stesso effetto di un regalo dall’amata per un uomo lontano; gli hanno sconquassato il cuore, e questo esprime la voglia di rivederlo. Cortesia e gentilezza gli fanno anche pesare di più l’aver perso la sua compagnia e l'essere lontano, aumentandogli il desiderio di goderne a pieno, tanto che nessuna cosa bella del luogo dove è ora può togliergli questo peso. Dolce prima o poi se lo ritroverà, senza aspettarselo, fuori casa sua per riprendere a godere della sua compagnia, che a Marmitta manca a tal punto che da quando è partito da Venezia ha composto solo un pessimo sonetto, che vuole comunque far vedere a Dolce, così che non possa più dire che non dà mai, ma prende soltanto. Dolce ha scritto che Marmitta conserva dieci versi suoi per ogni verso di Marmitta conservato da Dolce; Marmitta ora può rispondere che è vero, ma con altri trenta versi non aumenterebbe di molto il valore di quell’unico in mano di Dolce. Questo comunque, afferma, non è per Dolce un buon motivo per lamentarsi e non dare più niente, così chiama come testimone Gasparo [Crivelli], “secretario antico” tra di loro. Per Marmitta le accuse che Dolce gli rivolge dovrebbe invece rivolgerle a sé stesso: gli chiede quindi di restituirgli la sua elegia; rassicura poi l’amico che gli manderà dei suoi “versazzi” appena li comporrà, perché preferisce appagare il desiderio di Dolce piuttosto che difendere il suo onore. Chiede a Dolce di salutargli gli stessi amici della lettera precedente [cfr. ivi] e poi si raccomanda a lui. Chiede poi di essere raccomandato a Federico Badoer e Domenico Venier ai quali dovrà dire che Marmitta sta aspettando le loro lettere, ma che non ne è risentito; piuttosto ne scriverà altre, aspettando che lo facciano anche loro. [Dopo la firma è presente il sonetto: 'Qui dove ammanta i lieti colli, e 'l piano']
Fonte o bibliografia Lodovico Dolce, Lettere, a cura di Paolo Procaccioli, Manziana, Vecchiarelli, 2015, pp. 181-183
Compilatore Chiarolini Marco
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