Mittente Dolce Lodovico Destinatario Varchi Benedetto
Data 13/5/1553 Tipo data effettiva
Luogo di partenza Venezia Luogo di arrivo Firenze
Incipit Non ho potuto dar la lettera di vostra signoria
Contenuto e note Lodovico Dolce informa Benedetto Varchi che non ha potuto dare la di lui lettera in mano a Gabriello Moles perché l'ha trovato malato, l'ha data quindi ad un servitore, dal quale ha ricevuto una lettera di Moles per Varchi che ha spedito con un corriere. Dolce ha poi parlato con Moles di Varchi, al quale dice che Moles lo ama e che presto godrà delle sue virtù. Avvisa Varchi che Gabriele Giolito manderà, con questa lettera, "il Dialogo dell'Honore di Possevini" [Giovan Battista Possevino, 'Dialogo dell'honore', Venezia, Giolito, 1553] e le "Trasformationi" ['Trasformationi di Messer Lodovico Dolce', Venezia, Giolito, 1553, riduzione-adattamento delle 'Metamorfosi' di Ovidio, cfr. lettera 'Quanta contentezza mi habbia portato la lettera di vostra signoria' del 3-12-1552]; si scusa se Varchi le troverà fatte male per via del breve tempo e del poco sapere con cui le ha "(per così dire) trasformate". Ha sentito il bisogno di scusarsi, avendo consapevolezza dei motivi che hanno spesso mosso [Giovanni] Boccaccio a scrivere. Oltre agli errori fatti da Dolce ce ne sono anche di fatti dagli impressori, i quali, anche se non molto importanti, non tutti saranno stati notati. Quelli di Dolce sono in due punti, uno a pagina 144 dove scrive "di Pandione" invece che "del fiero Tereo" [correzione che nella ristampa, Giolito, 1555, sarà a pagina 146]; l'altro a pagina 323 [307 in verità] dove scrive "humilmente aprirà Modena forte, chiedendo pace" invece di "vedrà Modena aprir e in altra parte fuggirà Antonio" [nella ristampa, a pagina 308, sarà 'Veggio Modena aprir, e d'altra parte | Levar l'assedio']. Scrive poi: "Sed vide impudentiam" [Cicerone, "Philippicae", 2 81; con questa espressione Dolce allude alla dura polemica con Ruscelli, nel tentativo di sfruttare l'amicizia con Varchi per avere un appoggio; ma non andrà come sperato], ed oltre a questo non vuole dire altro [non vuole cioè riconoscere le ragioni di Ruscelli]. Col successivo 'procaccio' manderà a Varchi il primo canto di un'opera più importante [forse il "primo canto d'Achille", cioè l'opera postuma, 'L'Achille et l'Enea', Venezia, Giolito, 1570: cfr. lettera del 23-5-1553, "Già buoni dì il signor Gabriel Moles"], alla quale dedica tempo e fatica, benché non spenda di suo "l'oglio e la penna" [intendendo dire che gli è stata commissionata, per mostrare che non ha perso il favore di Giolito]. Manda ora a Varchi alcune stanze [traduzione] dell'Eneide di Virgilio, fatte "il dì della Sensa" [il giorno dell'Ascensione], scritte per capriccio pur senza intenzione di portarle a termine. Afferma di essere stato il più fedele possibile all'originale senza tralasciare parti importanti, e di aver cambiato una voce, con una simile, al principio; queste stanze a Dolce sembrano deboli e fiacche, ma ha comunque voluto che Varchi le vedesse. Dopo la firma conclude chiedendo a Varchi di scrivere il vero, segno di amorevolezza, nella lettera di risposta, senza lodarlo, che è segno di adulazione. Si scusa degli errori e delle correzioni ma non ha il tempo di trascrivere in bella le sue lettere.
Fonte o bibliografia Lodovico Dolce, Lettere, a cura di Paolo Procaccioli, Manziana, Vecchiarelli, 2015, pp. 108-110
Compilatore Chiarolini Marco
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