Mittente Dolce Lodovico Destinatario Crivelli Paolo
Data 12/2/1545 Tipo data effettiva
Luogo di partenza Pieve (Piove) di Sacco Luogo di arrivo Venezia
Incipit Quanto alla venuta di Roma di Messer Francesco
Contenuto e note Lodovico Dolce scrive a Paolo Crivelli riguardo al viaggio a Roma del fratello Francesco [Crivelli], per il quale si sbrigherà in poche parole, essendo superfluo scrivere dell'allegria provata per questa notizia quando lo ama come ama Paolo. Per spiegare la ragione per la quale ci sono più poeti che oratori, quando per Crivelli dovrebbe essere invece il contrario, Dolce dichiara che dovrebbe forse avere più eloquenza di quella che in realtà ha, è inoltre una risposta da non poter dare "in due parole". Cita a Crivelli Cicerone, il quale diceva che per questo fatto non c'è da meravigliarsi, perché l'eloquenza prende forma dalle arti "della pronuntia, dell'attione, et della memoria", necessarie all'oratore ma non ricercate nel poeta, che sono difficili da imparare [Cicerone, 'De Oratore', I 9-19]. Sono soprattutto le prime due arti quelle più importanti, essendo doni di natura, che fanno di un uomo un buon oratore capace di meravigliare chi lo ascolta nelle sue orazioni per i giudici, o per le deliberazioni o per lodi e biasimi: non basta saper scrivere un'orazione, o una lettera con le giuste caratteristiche. Sono arti che non si possono creare se non le si ha naturalmente, ma si possono allenare per togliere i difetti, come hanno fatto Demostene e Cicerone. Il difetto è quindi una scorza che ricopre la bellezze delle gemme, afferma Dolce rivolgendosi ora al lavoro di Crivelli, la quale scorza, una volta rimossa con l'arte, dimostra la naturale perfezione di queste gemme, oppure l'aumenta, ma non la crea dal nulla, per questo motivo si vedono più poeti perfetti che oratori perfetti. Si chiede infine quanta importanza abbia la bellezza, e conclude dicendo che l'essere brutto a Dante non ha impedito di essere un buon poeta, ma di certo gli avrebbe impedito di essere un buon oratore. Chiede infine a Crivelli di affidarsi ai tre libri [del 'De Oratore'] di Cicerone, nei quali si discorre abbondantemente di tutto questo; pensa che Crivelli gli abbia fatto questa domanda per distoglierlo dai noiosi pensieri, e non perché l'argomento non gli fosse chiaro, e di questo lo ringrazia. Spera che quel che ha scritto non "torni a danno" di Crivelli, il quale può sentirsi libero di rispondere quel che pensa. Chiede a Crivelli di mandargli le commedie il 'Negromante' [Ludovico Ariosto, 'Negromante', Venezia, Bindoni, 1542] e la 'Lena' [Ludovico Ariosto, 'Lena', Venezia, Bindoni e Pasini, 1538] di [Ludovico] Ariosto, dicendo che il motivo lo dirà un'altra volta. Conclude chiedendo di fare le congratulazioni a Francesco [Crivelli] in sua vece.
Fonte o bibliografia Lodovico Dolce, Lettere, a cura di Paolo Procaccioli, Manziana, Vecchiarelli, 2015, pp. 80-82
Compilatore Chiarolini Marco
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