Mittente Loredan Giovan Francesco Destinatario Testa Egidio
Data Tipo data assente
Luogo di partenza Venezia Luogo di arrivo Padova
Incipit Ho formato un'altra Impresa per servirla co 'l numero non potendo con la qualità
Contenuto e note Il Loredan dichiara di aver “formato un’altra Impresa” [per l’Accademia dei Provveduti; fondata dallo stesso Loredan o da un membro del suo casato, aveva per impresa un fascio di lino gramolato, col motto “Exuit hinc sordes”. Cfr. Michele Maylender, 'Storia delle Accademie d'Italia', Bologna, Cappelli Editore, 1926-1930, vol. IV. L’altra impresa che Loredan aveva “formato” era quella per l’Accademia dei Sollevati. Cfr. questa stessa edizione, p. 421, ‘Dell'intelletto humano disputò Platone favolosamente, et all'usanza de' Poeti’]; per soddisfare i desideri del destinatario Egidio Testa egli ha infatti bisogno di servirlo "co 'l numero non potendo con la qualità". Avvia quindi una lunga riflessione sulle modalità con cui l’anima umana si purga “da gli affetti”: l’animo si avvicina alla perfezione, allontanandosi dagli “appetiti irragionevoli”, mediante la virtù, ma quest’ultima non è un’ “habito naturale” dell’uomo, bensì il frutto di un apprendimento e di un addestramento al “bene operare”, come lo stesso Aristotele sostiene “nel primo, et nel secondo delle Morali” [Cfr. Aristotele, ‘Etica Nicomachea’, 1103a 20-33]. Ragione ed esperienza concordano nel dimostrare che “con l’uso solo” gli uomini frenano o spengono le loro inclinazioni al bene e al male. A mostare che la virtù non sorge negli uomini per natura concorre anche un’altra considerazione: mentre le facoltà naturali, come il senso della vista o dell’udito, “vanno avanti alle loro operationi”, sono da noi possedute prima della loro traduzione in atto, la virtù scaturisce dall’ “operar virtuosamente”, perché a fornircela è l’uso, l’"habito virtuoso” [Cfr. Aristotele, ‘Etica Nicomachea’, 1130a 27-35]: “per esempio dall’usar sovente la temperanza et la liberalità, temperante et liberale altri diventa”. Spinti dalla “speranza di premi” o dal “timor delle pene”, gli uomini spesso rifuggono il vizio e acquistano virtù solo dopo aver “volontariamente” operato secondo virtù. Tutte quelle attività che portano l’uomo alla virtù saranno allora simili a “purghe, ovvero abbellimenti dell’animo per tor via da esso quelle macchie, e quelle lordure, con che il vitio contaminar lo suole” e tra queste è indubbio che vi siano anche “i frequenti congressi d’huomini valorosi, e saggi, le confidenze, et i discorsi de’ Letterati, l’imitation de’ migliori”, ossia le pratiche costitutive delle Accademie. In virtù del loro ruolo propedeutico al “possesso delle virtù”, le Accademie diventano quindi “instromenti da purgar l’anima”. Desideroso di tradurre una simile concezione della “Ragunanza” accademica nell’impresa che la contraddistingue, Loredan avanza la sua proposta: l’Accademia dei “Proveduti” [questo il nome che egli propone] potrebbe adottare un’impresa raffigurante “uno di quei strumenti di ferro, che si costuman di adoperare per pettinare il Lino”, insieme a un fascio di lino gramolato, ma non ancora carminato, con il motto “Exuit hinc sordes”. Il pettine, donandogli l’“ultima perfetione”, trasforma il lino in una “tela tanto necessaria, et di tant’uso nella vita humana” esattamente come l’Accademia, purificando i suoi membri dall’ignoranza e dalle “vitiose concupiscenze” e guidandoli alla “cognition delle cose naturali, e divine" e all’"habito della virtù”, rende le anime fruttuose e giovevoli alla "Patria" e agli "altri Cittadini". Il significato dell’impresa proposta dal Loredan non è poi così dissimile dal “sentimento” che gli Accademici della Crusca intendevano veicolare adottando come emblema il “Furlone”. "Chi ha il merito dell'ubbidienza non dee pretendere d'avvantaggio" e il Loredan non pretende di vedersi riconosciuta la paternità di "queste Imprese" [le imprese ideate per l'Accademia dei Sollevati e dei Provveduti], anche perché il suo contributo si limita a proposte scritte "in fretta".
Fonte o bibliografia Giovan Francesco Loredan, Lettere del Sig. Gio: Francesco Loredano. Nobile Veneto. Divise in cinquanta Capi, e raccolte da Henrico Giblet, cavalier, Venezia, Guerigli, 1653, p. 423, 'Lettere di discorso'
Compilatore Pogliaghi Elettra
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