Mittente Loredan Giovan Francesco Destinatario Bellini Lancilloto (Lancillotto)
Data Tipo data assente
Luogo di partenza Vigodarzere Luogo di arrivo Venezia
Incipit Godo infinitamente, che il Paradiso sia diventato il suo Parnaso
Contenuto e note Il "Paradiso" [il poema di cui si fa successivamente menzione, che doveva essere di argomento religioso] di Lancilloto Bellini si è trasformato in un "Parnaso". Loredan se ne compiace ed esprime tutta la sua ammirazione all'autore, perché "chi tra le delitie del senso trova il sentiero del Paradiso perde una gran parte dell'esser mortale". I versi del Bellini sono ricchi di "affetti soavi" e "amorose tenerezze", ma il poema si apre con una "stanza""un poco languida" e "assai inferiore di bellezza" se confrontata alle "altre membra". Il Loredan ha quindi pensato di intervenire sulla strofa in questione [un'ottava], riproponendola in questa forma: "Te, che l'aureo scettro, o Dea del Cielo,/ Con benefica man sostieni il pondo:/ Te, che tempri il rigor, trattieni il telo/ Di chi regge le sfere, e regge il Mondo/ Imploro, e chiamo ad infiammar il gelo/ Di questo cor ne' propri falli imondo./ Tu dà spirti a la Cetra, e fa, che sia/ De' pregi di Maria Musa Maria." [Il poema doveva quindi aprirsi con un' invocazione alla Vergine]. Rida pure il Bellini della presunzione del Loredan, come Apelle ride "se il Ciabattino vuol far giuditio dell'Opre del Sarto", ma si rammenti che "chi non parla con libertà con l'amico non ama l'amico": i suggerimenti dello scrivente non hanno, infatti, altra radice che "l'amore".
Fonte o bibliografia Giovan Francesco Loredan, Lettere del Sig. Gio: Francesco Loredano. Nobile Veneto. Divise in cinquantadue Capi, e raccolte da Henrico Giblet, cavalier, Venezia, Guerigli, 1653, p. 274, 'Lettere poetiche'
Compilatore Pogliaghi Elettra
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