|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Mittente |
Peranda Giovan Francesco |
Destinatario |
Caetani Enrico e Camillo |
Data |
6/12/1570 |
Tipo data |
effettiva |
Luogo di partenza |
Roma |
Luogo di arrivo |
|
Incipit |
A quest’hora, che si parla di cena torno da Palazzo |
Contenuto e note |
Peranda dichiara di essere da poco rientrato a palazzo [Caetani] e si scusa in anticipo per la brevità dell’epistola. Continua ad aggiornarli sulla disputa di cui ha parlato nella precedente missiva sostenendo che i signori Orsini vorrebbero che Farnese [Alessandro] tenesse conto dell’età di Don Pietro [Orsini] “e di più la Casa, e l’esser figliolo, e fratello di Duca” [vd. lettera del 11/12/1570, Anchora che non si scriva à Vostra Santissima Illustrissima]. Peranda afferma anche che, per seguire la seguente causa, ha dovuto studiare così tanto da divenire “mezzo legista” e da suscitare la gelosia di monsignor Randonio [Niccolò]. Li avverte sulle ultime notizie di Roma, in particolare sulla decisione del Papa [Pio V] di privarsi di tutti i benefici ad eccezione di quelli concistoriali e sull’assoluzione del Palantiero [Alessandro Pallantieri] alla quale si dovrà supplire con il “bando perpetuo”. Passa poi a dichiarare che Enrico e Camillo [Caetani] dovranno togliere a Bartolomeo di frate Giacomo l’incarico di doganiere perché così piace a "monsignor illustrissimo" [Nicolò Caetani] e conclude affermando che il Pagano e Sforza si sono riappacificati a seguito di una lite causata da una partita di scacchi. |
Fonte o bibliografia |
Giovan Francesco Peranda, Le lettere del signor Gio. Francesco Peranda divise in due parti, Venezia, Gio. Battista Ciotti, 1601, pp. 9-11 |
Compilatore |
Durastante Giada |
|
vai al documento
|
|
|
|
Torna all’elenco dei risultati
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|