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Mittente |
Chiabrera Gabriello |
Destinatario |
Giustiniani Pier Giuseppe |
Data |
1636 |
Tipo data |
Congetturale |
Luogo di partenza |
Savona |
Luogo di arrivo |
[Genova] |
Incipit |
Hebbi una dolcissima preghiera di Vostra Signoria di venire costì, io risposi e diedi conto di me lungamente |
Contenuto e note |
Poiché teme che la sua lettera sia mal capitata a causa dei temporali, Chiabrera ripete alcune cose. Egli non ha potuto fare verso il Signor Conte [Fulvio Testi] alcun atto di gentilezza, è riuscito solo ad abbracciarlo prima che si imbarcasse per Vai [cfr. Lettera dell'8.2.1636 'Hebbi tutte le lettere; ringratiamo nei tutori della noia presa']. Non è potuto andare a Genova, a causa di alcuni affari di denaro e a causa del freddo invernale. Ora vi aggiunge un' altra motivazione: la comunità savonese è in rovina e Savona deve dare alla Camera e a San Giorgio [a Genova] alcune somme di denaro. Quindi i Magistrati [genovesi] fanno presiedere le porte e "alloggiano nelle stanze pubbliche" [nel mese di febbraio Genova rafforza il presidio dei confini e delle porte cittadine in difesa dalle truppe francesi, rendendo impossibile viaggiare tra Savona e Genova. Ma forse Chiabrera si riferisce a un decreto di San Giorgio secondo cui, essendo la comunità di Savona insolvente su certe tasse, i cittadini savonesi sorpresi a Genova sarebbero stati incarcerati nelle "stanze pubbliche"]. Chiabrera "schifa sì fatti ricevimenti e quantunque scriva con parole da beffe, ha cordoglio", poiché per lui perdere Genova equivale a perdere ogni conforto. [La lettera si data dopo la partenza del Testi da Vado, avvenuta il 9 febbraio, cfr. lettera 464 "Hebbi tutte le lettere; ringratiamo noi tutori della noia presa in persuadere cotesti Signori"]. |
Fonte o bibliografia |
Gabriello Chiabrera, Lettere, a c. di Simona Morando, Firenze, Olschki, 2003, num. 465 |
Compilatore |
Agliardi Silvia |
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