Mittente Della Casa Giovanni Destinatario Farnese Alessandro
Data 12/2/1547 Tipo data effettiva
Luogo di partenza Venezia Luogo di arrivo [Roma]
Incipit Io ho ringratiato la Illustrissima Signoria per parte di Nostro Signore
Contenuto e note Ha ringraziato la Signoria da parte del papa [Paolo III, nato Alessandro Farnese] per la risoluzione sulla causa di Ceneda [cfr. la lettera del Casa del 28 gennaio 1547, incipit "La Illustrissima Signoria mi ha chiamato in collegio questa mattina e mi ha detto che ad istanza de gli huomini di Ceneda"]: pare che i Capi si accontenteranno di ciò che il pontefice deciderà, anche se la persona [il nuovo vescovo] non sarà scelta tra i nobili veneziani. Il Casa ha solo riferito quello di cui il papa ha discusso con l’oratore [Giovanni Antonio Venier] e non ha mai nominato il conte [Michele] della Torre, ma ha intuito che quest’ultimo non sarebbe persona sgradita. Non conosce però nessuno più amato e rispettato di Iustiniano [probabilmente Giustiniano Giustiniani], già nominato dal Pregadi come possibile Priore di San Giovanni, titolo che ora è di monsignor Sant’Angelo [Valerio Cancellieri]. Non può esprimere quanto sia grande il desiderio, da parte della Signoria, che il Patriarcato di Aquileia rimanga in mano al Patriarca Grimani [Giovanni]: la Signoria stessa ha pregato il Casa di supplicare il papa affinché il Patriarca "sia spedito sanza difficultà". Questa, a giudizio del nunzio, è un’ottima occasione per confermare il buon volere dei veneziani verso la sede apostolica e verso casa Farnese. I nobili di Ca’ Pesaro baciano le mani del cardinal Farnese [Alessandro, Segretario di Stato pontificio] e lo supplicano di finire la pietosa opera che ha incominciato [cfr. la lettera del Casa del 15 gennaio 1547, incipit: "Per quanto io ritraggo questi Signori Illustrissimi non risponderanno anco per questo corriero" e la lettera del 22 gennaio 1547 del cardinale A. Farnese a G. della Casa, contenuta in Vat. Lat. 14832, c. 17v.]. Per quanto riguarda l’eredità di don Teophilo [Sforzani, monaco benedettino del convento di Santa Giustina a Padova], ha aggiudicato i mobili, che sono in mano a Giovanni di Fede, ai fratelli di Cherubino [Sforzani, detto il Parolaio, orologiaio del papa e fratello di Teophilo, cfr. Antonio Bertolotti, Le arti minori alla corte di Mantova nei secoli XV, XVI e XVII, in "Archivio Storico Lombardo", vol. V a. XV, 1888, pp. 502-503], ma pare che Giovanni si dichiari creditore del defunto, e voglia tenersi l’eredità. Il Casa ha dunque pensato di "citarlo qui all’offitio": non è ancora stato possibile, ma farà in modo che la questione sia risolta "pro iustitia". Ha mandato ai prelati le lettere del Farnese: l’arcivescovo di Spalato [Marco Corner] e Monsignor di Torcelli [Geronimo Foscari] rispondono che andranno [al concilio di Trento] la settimana prossima e il vescovo di Salpi che andrà volentieri, ma egli è in realtà molto povero e il Casa ritiene che meriti considerazione da parte del papa. Non ha sollecitato il vescovo di Chioggia perché pare che non sia benvisto a Trento. L’ambasciatore [Pier Filippo Pandolfini, cfr. Stefano Dall’Aglio, Qui capitano tutte le importantie delle cose, in AA. VV., ‘Varchi e altro rinascimento. Studi offerti a Vanni Bramanti’, Manziana, Vecchiarelli, 2013, pp. 313-326] del duca di Firenze [Cosimo I de’ Medici] ha avvisi in cui si annuncia, oltre alla resa di Augusta, anche una "pratica di concordia" tra il Re Cristianissimo [Francesco I di Valois] e Sua Maestà [Carlo V d’Asburgo]. La notizia non è confermata ma ci sono avvisi del 30 [gennaio] da Ulma [odierna Ulm], secondo cui il duca di Sassonia [il principe elettore Giovanni Federico I] aveva ripreso vigore e assediava Lipsia, che però resisteva, e che il Langravio [Filippo d’Assia] fortificava alcune sue posizioni. È anche giunta notizia della morte della moglie [Anna Jagellonica di Boemia e Ungheria] del Re dei Romani [Ferdinando I d’Asburgo] e che il Re d’Inghilterra [Enrico VIII Tudor, che era morto il 28 gennaio] ha una malattia incurabile. Piero Strozzi è partito da Venezia il mercoledì precedente e, se è venuto a Roma, dovrà aver baciato la mano del Farnese. È arrivato Ramon [Gabriel de Luetz, Baron et Seigneur d'Aramon et de Vallabregues, ambasciatore francese nell'Impero Ottomano, conosciuto come Gabriel d'Aramon, da cui l'italianizzazione in "Ramon"] e vuole andare a Costantinopoli: la mattina stessa è stato in collegio con l’oratore francese [Jean de Morvilliers] e la Signoria non ha potuto negar loro un passaggio sicuro in Ragusa [odierna Dubrovnik]. Il Casa ha detto che davvero non si poteva negare questo favore a un inviato del Re [di Francia], soprattutto se viaggia "per bene et per pace comune". Il Principe [il Doge Francesco Donato] gli ha risposto che Ramon non aveva rivelato nessun particolare della sua missione, sostenendo solo che aveva desiderio si mantenere la pace universale. Il Casa cercherà di scoprire il motivo del viaggio, ma per ora sembra solo l’intenzione di mantenere buoni rapporti t+K7ra il Valois e "quel Signore [il Sultano Solimano il Magnifico]". Le monache [del convento] di san Vito di Burano sono povere e pareva potessero avere un po’di sostentamento dall’unione con un priorato: la spesa della composizione impedisce però il loro desiderio. Il Casa prega il Farnese di aiutarle insieme a monsignor Datario [Giuliano Ardinghelli]. La Signoria scriverà in favore di Giulio Grimani, su richiesta di Marco Foscari, che è suo protettore e parente, essendo il Grimani suo nipote.
Fonte o bibliografia Ms. Vaticano Latino 14828, cc. 90r - 92r, copia del segretario Erasmo Gemini. Parzialmente edita in Lorenzo Campana, Monsignor Della Casa e i suoi tempi, in “Studi Storici”, XVI (1907), pp. 502 (nota), 573-574 (nota).
Compilatore Boggiani Alessandro
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