Mittente Della Casa Giovanni Destinatario Camerlengo [Sforza] [Guido Ascanio]
Data 14/10/1546 Tipo data effettiva
Luogo di partenza Venezia Luogo di arrivo [Roma]
Incipit Lo sborso de M/100 scudi come io ho scritto per l'ultima fu fatto al Signor Don Diego con molta sua satisfattione
Contenuto e note Come ha scritto nell'ultima lettera, il pagamento dei 100000 scudi è stato effettuato nelle mani del Signor Don Diego [Hurtado de Mendoza, ambasciatore di Carlo V a Venezia], il quale, soddisfatto, è poi partito per Trento senza la scorta che la Signoria voleva dargli [cfr. Lorenzo Campana, Monsignor Della Casa e i suoi tempi, in "Studi Storici", XVI (1907), pp. 376 e segg.]. Nella causa di Giovan Battista [Canale, pretendente al canonicato di Brescia, cfr. Campana, XVI (1907), pag. 551 e segg.], il Casa rivendica di aver operato "con ogni caldezza" e si meraviglia che lo stesso Giovan Battista non ci creda o non lo sappia e che perfino il Camerlengo [Guido Ascanio Sforza] accenni che il Nunzio avrebbe potuto fare di più. Egli ha comunque consolazione dalla coscienza e rivendica di essere stato ancora in Senato e di aver parlato di questa vicenda in modo perfino eccessivo. La cosa è stata però di esito incerto, perché il Principe [il Doge Francesco Donato] dice che i senatori non sono sufficientemente informati e che la Signoria ha comunque già fatto "molto più in questa causa di quanto ella non suol far nell'altre". La Signoria ha convocato il Prevosto Averoldo [cfr. Campana, XVI (1907), pag. 551 e segg.], avversario del Canale, per convincerlo a cedere il Canonicato al Dominio, volendo mantenere il proprio uso di tenere le cause in prima istanza per sé, senza mandarle a Roma. Il Clarissimo Oratore [l'ambasciatore veneziano a Roma, Giovanni Antonio Venier] ha fatto un ottimo lavoro, perché l'Averoldo è stato molto sollecitato in questa risposta. Quanto poi all'uso che Venezia ha di tenersi le cause in prima istanza, non sembra che lo faccia perché pretende un privilegio, ma solo per consuetudine con una "annotation del Stafileo [probabilmente Giovanni Stafileo, vescovo di Sebenico e Auditore del Tribunale della Rota Romana]". In realtà, sembra che questi signori abbiano una legge in cui si stabilisce che nessuno dei loro sudditi porti le cause a Roma, in esecuzione della quale fanno "renuntiare impetratis", sotto minaccia di bando. Questa legge è applicata rigorosamente a laici ed ecclesiastici, come ben sa Iacopo Hermolao [cfr. Campana, XVI (1907), pag. 533 e segg.]. E se qualcuno volesse togliere ai veneziani questa consuetudine, sembra che sarebbe difficile perché nella sua applicazione essi reiterano una brutta abitudine: "quando sono stretti, danno bando ai loro sudditi sanza dir la causa di questo bando". E se il Casa si lamenta, i Capi rispondono che in ogni parte del mondo i Principi danno bando a chi pare loro, come accadde a Ottaviano Cevena [sulla vicenda, cfr. Campana, XVI (1907), pag. 533 e segg.], della cui causa il papa [Paolo III, nato Alessandro Farnese] parlò spesso con Francesco Venier, ai tempi oratore della Serenissima. Se il Camerlengo chiederà che il Casa parli di questa legge, egli lo farà, perché anche a lui sembra molto strana. Su Monsignor de Ramon [Gabriel de Luetz, Baron et Seigneur d'Aramon et de Vallabregues, ambasciatore francese nell’Impero Ottomano, conosciuto come Gabriel d'Aramon, da cui l'italianizzazione in "Ramon"] e il Re Cristianissimo [Francesco I di Valois], come nella soprascritta lettera al Farnese [il cardinale Alessandro, Segretario di Stato pontificio. La lettera è quella del 10 ottobre, incipit: "Scrissi a Vostra Signoria per le mie delli V circa il signor Piero Strozzi che io havea inteso"]. Gli Strozzi hanno lettere del signor Piero [Strozzi] in cui dice di essere andato nel campo del Langravio [Filippo d'Assia] su commissione del Re di Francia. Lo Strozzi è arrivato l'11 o il 12 [ottobre] ma è rimasto a Murano, a visitare la moglie [Laudomia de' Medici, sorella di Lorenzino] e forse a occuparsi della querela che ha con Pietro Maria de' Rossi [Conte di San Secondo, cfr. Francesco Trucchi, ‘Vita e gesta di Piero Strozzi fiorentino’, Firenze, 1847, pp. 43-47], il quale è malato. Lo Strozzi riferisce che è il Langravio a sostenere l'intera impresa, che costui è un valentissimo comandante e che non gli pare di riscontrare difetti nel suo esercito, tranne forse un numero eccessivo di bagagli. Lo stesso Langravio ha poi mandato Tommaso del Vecchio perché riferisca della lega che si starebbe stipulando tra i protestanti e il Re di Francia. La notizia è comunque data da persona "sospetta e piena di molta passione". Con lo Strozzi è venuto un Bartolomeo da Pesaro [cfr. Biaggio Monluc, ‘Commentarii di Stato et di Guerra’, Cremona, Marc'Antonio Belpieri, 1628, pp. 184, 288, 293, 299, 307], al quale si è estorto per iscritto ciò che egli dice di aver visto nel campo del Langravio: il Casa ne allega una copia. È inoltre tornato a Venezia un Guido da Fano [Guido Giannetti, cfr. Campana, XVII (1908) pp. 166-167], fuggito da Roma perché sospettato di eresia, che fin ora era stato ad Augusta come agente di Ludovico dall'Arme. Il Casa sta per scoprire chi ha stampato e vende "un libro sporcissimo intitulato Tragedia [probabilmente la ‘Tragedia d'un'altra sorte’ inserita nell'Indice del 1549, identificabile con il ‘Mercator’ o con il ‘Pammcahius’, entrambe opere di Thomas Kirchmayer detto Naogeorgus, cfr. Jésus Martinez de Bujanda, ‘Index des Livres Interdits’, Ginevra, Droz, 1987, vol. III, pp. 200-201]" e promette una severa punizione. Con la Tragedia si vende anche una versione in volgare dell'opera "del Valla contra la donation di Constantino [la celeberrima ‘De falso credita et ementita Constantini donatione declamatio’ di Lorenzo Valla; la traduzione potrebbe essere quella edita a Basilea, da Cratander, nel 1546]". Sul Patriarca di Aquileia [Giovanni Grimani], ut supra nella lettera del 10 [ottobre]. Un conte della Torre [Michele], "Presidente in quel luogo per il Re [dei Romani, Ferdinando I d'Asburgo]" è arrivato in armi ad Aquileia. La Signoria ha intimato ai canonici di Aquileia, radunati a Udine, di non muoversi di lì, affinché non siano costretti dal Re a fare atto pregiudiziale. Prega il Camerlengo [Guido Ascanio Sforza] di ricordare a Monsignor [Giuliano] Ardinghelli una causa che egli ha col Doge.K13
Fonte o bibliografia Ms. Vaticano Latino 14828, cc. 54r – 56v, copia del segretario Erasmo Gemini. Parzialmente edita in Lorenzo Campana, Monsignor Della Casa e i suoi tempi, in “Studi Storici”, XVI (1907), pp. 381-382, 556-558 e nota; XVII (1908), pp. 167 (nota), 266.
Compilatore Boggiani Alessandro
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