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Mittente |
Franco Veronica |
Destinatario |
[Venier] [Marco] |
Data |
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Tipo data |
Assente |
Luogo di partenza |
[Venezia] |
Luogo di arrivo |
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Incipit |
La fama che nel riportar delle cose non si obliga tanto al vero quanto al verosimile |
Contenuto e note |
Franco si scusa con un ignoto destinatario per aver creduto che "quella satira" [ri riferisce forse al sonetto caudato "Veronica, ver unica puttana"] fosse opera sua e che ricambiasse la sua devozione con "tali libelli infamatori" [il destinatario è probabilmente Marco Venier, con il quale si mostra dispiaciuta per avergli ingiustamente attribuito la paternità di tre componimenti diffamatori in dialetto veneziano composti invece dal di lui cugino Maffio]. Afferma di essere stata dubbiosa perché l'opera era imperfetta, piena di errori e non degna del suo intelletto e di aver poi ricevuto diversi riscontri sul responsabile. Rallegrandosi di avergli mandato per sbaglio il capitolo che ha scritto [in 'Rime', cap. XIII, "Non ho più parole: ai fatti, in campo, a l'armi", p.92, in V. Franco, Rime, a cura di Stefano Bianchi, Milano, Mursia, 1995] poiché non è lui il responsabile, si astiene dal chiamarlo in duello e dall'inviargli il "cartello" [il biglietto di sfida a duello] e anzi lo ringrazia per essersi offerto di farle da padrino. Lo prega, poiché è un maestro, di insegnarle qualche "segreto colpo", inviandole, se vorrà, delle lettere provocatorie così che lei possa esercitarsi nel rispondere. |
Fonte o bibliografia |
Veronica Franco, Lettere, a cura di Stefano Bianchi, Roma, Salerno editrice, 1998, num. XLVII, pp. 111-113 |
Compilatore |
Dell'Orto Chiara |
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