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Mittente |
Franco Veronica |
Destinatario |
Robusti Jacopo (Tintoretto) |
Data |
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Tipo data |
Assente |
Luogo di partenza |
[Venezia] |
Luogo di arrivo |
[Venezia] |
Incipit |
Io non posso, signor Tentoretto, sentire certi, li quali alle volte lodano |
Contenuto e note |
Franco, dopo una critica a coloro che lodano tanto i tempi antichi e biasimano i moderni, e che affermano che non si trova ormai da nessuna parte del mondo chi arriva all’eccellenza di nobili e famosi pittori e scultori antichi, afferma di aver sentito dire da alcuni galantuomini esperti dell'arte antica che alcuni pittori e scultori come Michelangelo, Raffaello, Tiziano ed ora il Tintoretto [Jacopo Robusti (1518-1594). Unica lettera della raccolta, insieme a quella ad Enrico III di Francia (I,"All'altissimo favor che Vostra Maestà s'è degnata di farmi"), a recare il nome del destinatario] si devono "pareggiare" se non anteporre agli antichi. Non afferma ciò per lusingarlo perché è opinione comune, e loda la sua arte, che supera la natura ed esprime "gli affetti dell'animo" meglio di quanto facesse Roscio [Quinto Gallio Roscio, celebre attore romano difeso da Cicerone in una sua orazione giovanile (Pro Quinto Roscio comoedo) contro Cherea]. Gli assicura inoltre che quando ha visto il suo ritratto [forse quello oggi esposto al Worcester Art Museum di Worcester, Massachussetts; da non confondere con il piccolo smalto colorato donato ad Enrico III, del quale si è perduta ogni traccia] si è chiesta a lungo se si trattasse di un dipinto o di un fantasma e poiché non sa spiegare l'eccellenza della sua arte, affinché non resti "in parole vergognata in tutte l'età che verranno", certa di non riuscire in tale impresa, depone la penna. |
Fonte o bibliografia |
Veronica Franco, Lettere, a cura di Stefano Bianchi, Roma, Salerno editrice, 1998, num. XXI, pp. 68-70 |
Compilatore |
Dell'Orto Chiara |
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