Mittente Meninni Federigo Destinatario Aprosio Angelico
Data 11/9/1662 Tipo data effettiva
Luogo di partenza Napoli Luogo di arrivo Ventimiglia
Incipit Oggi li 11 di settembre ricevo la compitissima di Vostra Paternità Molto Reverenda delli 10 di agosto
Contenuto e note Meninni scrive all’Aprosio il giorno stesso del ricevimento di una sua lettera (datata 10 agosto 1662) letta la quale si ritiene pienamente soddisfatto delle risposte che l’Aprosio ha dato ai suoi dubbi circa l’organizzazione della stampa della seconda parte delle sue poesie. Ma, per contro, il Meninni ha anche appreso che l’Aprosio non ha potuto più dedicargli, come promesso, il ‘grillo’ 49 della sua ‘Grillaia’ [ancora manoscritta] scusandosene. Al che Meninni soggiunge anzitutto di non aver mai inteso profittare dell’amicizia con l’Aprosio al quale ha sempre offerto tutta la sua più sincera disponibilità; e poi di essersi sentito oltremodo gratificato nell’apprendere a suo tempo - dalle lettere dell’Aprosio del 14 giugno, del 21 agosto e del 20 settembre 1662 - che questi aveva tratto citazioni da 16 suoi sonetti, non solo, ma che gli aveva anche dedicato il ‘grillo’ 49 della ‘Grillaia’. Purtroppo non ha potuto mai riscontrare de visu niente di tutto ciò nel manoscritto aprosiano della ‘Grillaia’ mandato dal frate a Napoli per la stampa a diversi amici comuni, e Meninni si sente di sospettare che qualcuno abbia voluto privarlo di quella lettura. Se qualcuno, tuttavia, s’è mostrato invidioso del Meninni per la considerazione riservatagli dal padre Angelico e ha convinto quest’ultimo a cassare dalla ‘Grillaia’ quelle attestazioni di stima, ora il Meninni non farà certo altrettanto cancellando dal suo animo le obbligazioni che si sente d’avere nei confronti del frate. Né il Meninni si sente mortificato dall’accaduto. Anzi, crede, di più, di sapere chi possa aver persuaso l’Aprosio a quei ripensamenti: infatti, già tempo prima, un “omicciuolo” [Giuseppe Battista], geloso che il Meninni potesse insinuarsi nell’amicizia dell’Aprosio, aveva tentato di dissuadere il Meninni stesso dall’omaggiare l’Aprosio in un suo ancora manoscritto sonetto [destinato ad apparire nelle meninniane ‘Poesie’, Napoli, de’ Bonis, 1660]: sosteneva infatti l’“omicciolo” che “i forestieri vogliono esser nominati, e poi non rendono la pariglia”. Ma il Meninni non l’aveva ascoltato e aveva lasciato, per la stampa, il sonetto così com’era. Da qui era nato il malanimo di quell’“omicciolo”. Meninni però non se ne cura e gli basta d’essersi avveduto d’un amico “più che finto”. Egli sciorina quindi a raffica una serie di erudizioni – citando Ovidio, Cratino, Menandro, Esopo, Manilio e Ariosto nonché un episodio riferito al re romano Tarquinio il Superbo – per stigmatizzare il comportamento subdolo, la malafede, la vanagloria dell’“omicciolo” e per evocare la punizione che questo si meriterebbe (che lascia però che altri gli impartiscano).
Fonte o bibliografia Clizia Carminati, Lettere di Federigo Meninni al padre Angelico Aprosio, "Studi Secenteschi", XXXVII (1996), pp. 201-204 (lettera V)
Compilatore Giulietti Renato
vai al documento
Torna all’elenco dei risultati