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Mittente |
Franco Veronica |
Destinatario |
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Data |
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Tipo data |
Assente |
Luogo di partenza |
[Venezia] |
Luogo di arrivo |
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Incipit |
Le cose del mondo, che non sono ordinate sotto perpetua legge |
Contenuto e note |
Franco comunica ad un suo ignoto spasimante, dopo aver enumerato alcuni gesti egregi compiuti per amore (tra cui quelli di Socrate), che tra tutti coloro i quali tentano di insinuarsi nel suo amore, le sono estremamente cari quelli che “s’affatican nell’essercizio delle discipline e dell’arti ingegnose” [le arti liberali], delle quali, sebbene sia donna di poco sapere, è tanto amante. Conversa con loro con tanto diletto e se le fosse permesso spenderebbe tutto il suo tempo nelle accademie degli uomini virtuosi. Afferma che se il giovane vivrà una vita riposata nella tranquillità dello studio e le mostrerà spesso il profitto che fa nell’esercizio delle oneste dottrine, potrà indurla ad amarlo e a tenerlo caro. Se il suo amore non è finto, dovrà aspettare di meritare la sua grazia e dovrà restarle vicino; se partirà starà peggio, perché l'amore "si vince fuggendo" soltanto al principio, prima che ferisca davvero; mentre dopo aver provato le dolcezze dell'amore la lontananza è “velen nocivo” perché rinfresca nella memoria il ricordo e accresce il desiderio. Se partirà, lei non solo si libererà dall’obbligo di un possibile amore, ma riderà e si burlerà di lui. |
Fonte o bibliografia |
Veronica Franco, Lettere, a cura di Stefano Bianchi, Roma, Salerno editrice, 1998, num. XVII, pp. 57-62 |
Compilatore |
Dell'Orto Chiara |
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