Mittente Cebà Ansaldo Destinatario Copia (Copio) Sara (Sarra)
Data 23/2/1619 Tipo data effettiva
Luogo di partenza Genova Luogo di arrivo Venezia
Incipit PIACESSE a Dio, Signora Sarra gentilissima, ch'io havessi l'arte di trasformar le cose, c'havete voi
Contenuto e note L'esordio della missiva, riecheggiando una frase scritta da Sara in una risposta precedente, auspica che ella si contempli un giorno nello specchio non di Platone (fatalmente imperfetto), bensì nel cristallino specchio di Cristo. Cebà esprime alla donna la sua riconoscenza per la disponibilità dimostrata nell'accogliere sia l'omaggio della frutta sia il servitore Marco, al quale Sara aveva concesso il privilegio di udire la sua voce accompagnare musicalmente i versi della canzone composta da Ansaldo [riprodotta in calce alla missiva con data 26 gennaio 1619, il cui esordio è: "Ancora ch'io v'abbia visitata più volte per per lettere"; la canzone inizia con il verso "O se, come al vivo espressi"]. Cebà ribadisce dunque che da lei deriva qualsiasi splendore rifulga nella lirica. Tuttavia, sempre a causa della sua resistenza alla conversione, la giovane ebrea gli sembra un frutto assai prezioso, ma, purtroppo, fuori stagione. Chiede poi conferma dell'effettiva ricezione da parte di Sara delle lettere, da lui inviate, con data 23 giugno 1618 e 19 gennaio 1619. Dopo gli ammonimenti a che Sara si prenda cura di sé, Cebà aggiunge una postilla, in cui giustifica Marco di una colpa imputatagli dall'ospite veneziana, ossia il rifiuto dei doni da lei approntati; Cebà dichiara che il messo si era solo attenuto alle sue indicazioni.
Fonte o bibliografia Lettere d'Ansaldo Cebà scritte a Sarra Copia e dedicate a Marc'Antonio Doria. In Genova, Per Giuseppe Pavoni, MDCXXIII, pp. 25-27.
Compilatore Favaro Francesca
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