Mittente Cebà Ansaldo Destinatario Copia (Copio) Sara (Sarra)
Data 10/6/1618 Tipo data effettiva
Luogo di partenza Genova Luogo di arrivo Venezia
Incipit Io m'avveggo, Signora Sarra, che voi siete assai meno invaghita dell'amor mio di quel ch'io sono del vostro; Questo non era charattere da comparir dinanzi a Dama come voi siete
Contenuto e note La lunga missiva, che esordisce con lo schermirsi di Cebà dagli appellativi lusinghieri che Sara gli rivolge, alterna lodi alla sensibilità e al talento della destinataria a commenti sulle letture e sugli studi compiuti sia da lei sia da Cebà stesso, che ancora si proclama commosso per l'eco suscitata nell'animo di Sara dal suo poema sulla regina Esther ["La Reina Esther poema eroico d'Ansaldo Cebà gentiluomo genovese", Milano, Bidelli, 1616; Sara dichiara di tenerlo come libro da capezzale] e dal "Cittadino di Repubblica", uscito a Genova, presso Giuseppe Pavoni, nel 1617. Compaiono nella missiva alcuni accenni ad Omero: si dichiara la sproporzione fra l'"Iliade" e il poema di Cebà; inoltre, Ansaldo si compiace di immaginare Sara intenta a dar voce al compianto di Andromaca sul corpo di Ettore. L'autore si preoccupa poi che lo studio troppo intenso di materie scientifiche (lo studio degli astri) possa nuocere alla salute di Sara, in verità cagionevole e gravata dalle incombenze della famiglia. Le promette di farle giungere prossimamente altri suoi libri, con la speranza che godano presso di lei del medesimo favore riservato al poema sulla sovrana ebraica. S'intreccia incessantemente a questi argomenti la perorazione affinché la giovane donna si volga a considerare con serietà la religione cristiana, la sola che potrebbe garantirle la salvezza: Cebà accomuna Sara ad Esther, protagonista del suo poema: come l'antica regina credette in Cristo venturo, così la giovane Sara potrebbe infine persuadersi alla fede vera. Segue un post scriptum, in cui Cebà dichiara di sentirsi molto male (quasi prossimo a morte) ma sempre memore di Sara; dichiara di essersi assai impegnato nella fatica di scriverle di sua propria mano. Chiude con un sonetto, dedicato a Sara, che si può considerare un tentativo di conversione formulato in rima; l'incipit suona: "Bella è la guancia tua, soave il guardo".
Fonte o bibliografia Lettere d'Ansaldo Cebà scritte a Sarra Copia e dedicate a Marc'Antonio Doria. In Genova, Per Giuseppe Pavoni, MDCXXIII, pp. 5-12.
Compilatore Favaro Francesca
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